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Il lago di Urmia: cronaca di una morte annunciata?

Aggiornamento: 3 giu 2020

Il lago di Urmia era, una volta, una delle mete turistiche più interessanti dell’Iran settentrionale, tra le provincie dell’Azerbijan Orientale ed Occidentale. (noi non l’abbiamo ancora visto…con i deserti siamo ben piazzati, ma con i laghi siamo rimasti indietro:-D)



Collocato tra le città di Tabriz e Urmia, è un grande lago salato, negli anni novanta il più grande del paese. Come il Mar Caspio, è un bacino endoreico, il che significa che non ha fiumi emissari.



Al tempo della sua massima estensione, negli anni ’90, la superficie d’acqua del lago si estendeva per 5200 kmq, il lago era lungo 140 km e largo 55, con una profondità media di 16 metri.

Era talmente bello che è stato classificato come Parco Naturale Nazionale e area protetta di particolare pregio per l’Unesco.


Ma poi, è successo qualcosa. Qualcosa di molto grave.


La siccità prolungata, l’aumento dell’evaporazione, la costruzione di dighe sui fiumi immissari, l’uso non regolato delle falde acquifere ha fatto sì che nel 2013 le acque si siano ridotte al 10% della superficie originaria ed a 1/60 del volume: una autentica catastrofe ambientale, simile a quanto accaduto al lago Aral in Asia centrale. L’immagine qui sotto evidenzia come la superficie del lago di Urmia si sia spaventosamente ridotta nel trentennio 1984-2014. (La barretta marrone sotto quel che resta dell'acqua è un ponte: ne parleremo nell'ultima parte di questo post).




IL PROGETTO DI SOLMAZ DARYANI

Solmaz Daryani, nata a Tabriz nel 1989, è una fotografa iraniana conosciuta per la sua attenzione e la sua ricerca sui temi dei cambiamenti climatici e delle crisi idriche, sull’identità umana e sull’ambiente, componente attiva del collettivo “Women Photograph”.

Il suo lavoro più noto, iniziato nel 2014 e costantemente in divenire, è “The eyes of the hearth -The death of Lake Urmia” (Gli occhi della Terra – la morte del lago di Urmia) con il quale documenta la catastrofe ecologica che ha colpito il lago, in particolare nel secondo decennio di questo secolo.


Il lavoro di Solmaz sul lago Urmia è intimamente legato con la sua biografia.

Suo nonno, infatti, possedeva un albergo sulle rive del lago, nella cittadina portuale di Sharafkhane, un tempo il più importante e fiorente porto costiero del lago nel sua parte nordorientale, oggi lontanissima dall’acqua ed ormai abbandonata.

Il nonno viveva affittando le stanze, e curava un rigoglioso giardino nei pressi del lago: oggi è tutto abbandonato ed in rovina. I giardini sono morti a causa dell’eccessivo aumento della salinità della poca acqua rimasta per irrigare.

Il turismo, anche quello locale, ha ormai abbandonato da tempo il lago: restano soltanto le gite per osservare il disastro, e scattarsi dei selfie con le desolate distese di sale sullo sfondo.

Le foto più significative del lavoro di Solmaz sono disponibili sul suo sito.


Foto di Solmaz Daryani

Molte meno persone di un tempo vengono a visitare il lago. Paradossalmente, questo consente alle donne di fare il bagno in tranquillità, dopo aver camminato per 3-4 km dalla costa fino a raggiungere quel che resta del lago.


Il prosciugamento del lago, il crollo del turismo e il tracollo delle attività economiche ha fatto sì che molta della popolazione si sia spostata nelle città, provocando lo spopolamento di quelle che una volta erano le rive del lago, che hanno ormai il 30% degli abitanti rispetto agli anni 90.


Il villaggio turistico abbandonato di Haft-Chehsmeh. Foto di Solmaz Daryani

Di conseguenza, anche i servizi di trasporto sono stati ridotti, ed ai pochi abitanti capita di dover camminare per ore per spostarsi e raggiungere le fermate del servizio pubblico.


Una fermata dell'autobus lungo la costa. Foto di Solmaz Daryani

Molti iraniani sono convinti del valore benefico dei bagni di sale nel lago. Foto di Ali Hamed Haghdust

IL LAGO AVRA’ UN FUTURO?

Il lago ha mostrato segni di ripresa nel 2019, grazie soprattutto alle forti piogge alluvionali che hanno flagellato l’Iran – le peggiori degli ultimi 50 anni, provocando lutti e distruzione in molte province del paese.

Le piogge, ed il piano di ripristino del lago avviato dal governo, hanno ridato parzialmente vita al lago, che è tornato ad avere nel 2019 una estensione di circa 3000 kmq, recuperando 62 centimetri di profondità e raddoppiando l’estensione delle acque rispetto al 2018.


Le foto della Nasa mostrano le conseguenze delle pioggie alluvionali del 2019 sull'estensione del lago.

Il progetto di ripristino del Lago è stato avviato dal governo nel 2013, quando il lago era ridotto a 500kmq, un decimo rispetto agli anni Novanta.

Nel 2017 il Lago era tornato ad una estensione di circa 2300 kmq, mentre ad aprile 2020 i dati ufficiali indicano un’estensione di 3134 kmq.

A peggiorare la situazione del lago, in passato, è stata anche la costruzione del ponte Shahid Kalantari, inaugurato nel 2008 dall’allora presidente Ahmadinejad, che per collegare le province dell’Azerbaijan Orientale ed Occidentale attraverso il lago lo ha di fatto diviso in due, contribuendo al disseccamento della parte meridionale.


2008, l'allora Presidente Ahmadinejad inaugura il ponte che collega est ed ovest del lago.

Dieci anni dopo, lo Shahid Kalantari Bridge nella foto di Ali Hamed Haghdust.

Si salverà, il lago di Urmia, o ormai è troppo tardi?


Paradossalmente, il cambiamento climatico che ha provocato la prolungata siccità degli ultimi decenni ha portato, nel 2019, piogge alluvionali che hanno devastato il paese, ma fatto bene al lago.


Ma ovviamente non si può fare affidamento solo sulle piogge. E' positivo che il governo abbia deciso, in extremis, di fare un tentativo di salvataggio.

Ma la situazione attuale, tra sanzioni, crisi economica e conseguenze del Corona Virus, non lascia molto spazio all'ottimismo: è difficile che il salvataggio del lago rientri fra le priorità di un paese in affanno.


Fonti:

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