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Le "nozze di Susa": quando Alessandro Magno si fece persiano...

Susa, nel IV secolo avanti Cristo, era una delle magnifiche capitali “itineranti” del Gran Re persiano, insieme ad Ectabana e Persepoli.


Ma nella primavera del 324 avanti Cristo, la fastosa cerimonia che si tenne nel Palazzo Reale di Susa non avvenne alla presenza del Gran Re Persiano, ma del nuovo “Re dei Re” che lo aveva appena sostituito: Alessandro Magno, che quel giorno sposò la seconda e la terza moglie persiana, assieme ad altri 80 ufficiali del suo esercito che sposarono altrettanti nobili donne persiane.



Ma facciamo qualche passo indietro...


La crisi dell'Impero Persiano.

Da alcuni decenni, l’Impero Persiano - che era diventato vastissimo con Ciro il Grande, nel VI secolo avanti Cristo- era entrato in crisi.

Le dimensioni, la corruzione della corte, l’avidità dei satrapi che governavano le province, le guerre ai confini e le congiure di palazzo avevano poco a poco corroso la struttura del potere.

Dario III, il Gran Re salito al potere nella seconda metà del IV secolo avanti Cristo, gestiva con sempre più difficoltà questo impero che si estendeva dall’Asia Minore all’Indo.

A Occidente, la minaccia greca, fastidiosa da sempre ma mai in grado di impensierire oltre misura, si era trasformata in qualcosa di inquietante.

Se le antiche poleis come Atene e Sparta, per quanto presuntuose e imperialiste, erano frammentate e divise, e troppo preoccupate di salvaguardare le proprie autonomie per creare una “unità nazionale”, in quella parte del mondo negli ultimi tempi era emerso qualcosa di nuovo.


Una nuova stella: la Macedonia di Filippo II.

La Macedonia, una parte della Grecia fino ad allora irrilevante, fatta di montagne e di nobili guerrieri stretti intorno ad un re (con un modello quasi arcaico, assai diverso dalle democrazie e dalle oligarchie delle città), era d’improvviso assurta a potenza regionale grazie al suo ultimo Re, Filippo II.

Dopo aver consolidato le frontiere a Nord, Filippo II aveva riorganizzato il suo regno e soprattutto l’esercito, creando quella che in breve sarebbe stata la nuova dominatrice dei campi di battaglia: la falange macedone, che sarebbe rimasta imbattuta fino allo scontro con i Romani.

E alleanza dopo alleanza, battaglia dopo battaglia, trattato dopo trattato, con la forza e con l’intelligenza, Filippo II aveva sottomesso prima le regioni vicine, poi si era spinto fino a minacciare le antiche potenze di Atene e Sparta.

Demostene, alla guida di Atene, fin dall’inizio aveva gridato al mondo greco, frammentato e disunito, quale fosse il pericolo costituito dal re macedone: le sue “Filippiche” dicevano la verità e identificavano il nuovo nemico con precisione. Ma Demostene pensava ad un ripristino dei tempi antichi e dei poteri delle poleis. Senza capire che quel tempo era ormai passato per sempre.

L’unione di ateniesi, spartani e tebani, includa la mitica falange sacra tebana, fu distrutta sul campo da Filippo II a Cheronea, nel 368 avanti Cristo. Per la storiografia ottocentesca questa data fu a lungo considerata il punto di arrivo della storia greca classica, visto che i macedoni erano visti come “barbari” invasori della Grecia.

In realtà, si trattava di un giudizio ingeneroso: se è vero che la lingua macedone era un dialetto e non un purissimo greco, di certo le abitudini e la cultura macedone rientravano pienamente nella grecità del tempo.


La grecità della Macedonia: Aristotele precettore di Alessandro.

Lo dimostra il fatto che nel 343 avanti Cristo giunse alla corte di Filippo II nientemeno che Aristotele, una delle menti più preziose del tempo – e non solo, che divenne il precettore del giovane figlio di Filippo, nato nel 356 avanti Cristo: Alessandro.

Proprio quell’Alessandro, che è il protagonista di questa storia e che conosceremo con l’aggettivo di Magno.

Alessandro crebbe letteralmente avvolto dai racconti omerici: Plutarco, in una biografia che fece di lui, ci dice che portasse sempre con sè una raffinata copia dell’Iliade (regalatagli da Aristotele), anche quando dormiva, e che ispirasse direttamente le sue azioni al mito di Achille.


Mosaico di Pella con Alessandro (a destra) che caccia il leone

Aristotele comunicò ad Alessandro la visione di razzismo culturale che era diffusa in Grecia: “I greci sono superiori e sono nati per comandare, i barbari sono nati per obbedire”. Ma come vedremo, Alessandro aveva una visione diversa (e come macedone, sapeva cosa volesse dire non essere “veramente greci”).

Dopo la battaglia di Cheronea, Filippo II aveva imposto una “pace comune” ai greci e aveva creato l’ennesima lega (la Lega di Corinto), per “unificare” la Grecia e condurre finalmente la grande guerra finale contro l’affaticato Impero Persiano.

Ma nel 336 avanti Cristo, quando si stava preparando per la Grande Impresa, Filippo II fu assassinato.


Alessandro al potere.

Il giovane Alessandro, determinato e feroce, mise subito fine ad indebite pretese al trono eliminando i contendenti. Il suo nome ufficiale da Re macedone era Alessandro III, ma la storia lo celebrò come Magno.

Eppure, quasi subito in Grecia alla velocità del vento si diffuse una “fake news”: che Alessandro fosse morto, ed il suo esercito disfatto nelle operazioni ai confini nord della Macedonia, contro i popoli che, dopo la morte di Filippo, erano inquieti e speravano di liberarsi.

La falsa notizia corse per tutta la Grecia, ed Atene e Tebe furono pronte a metter su un’alleanza antimacedone per liberarsi del nuovo dominio: alleanza finanziata dal Gran Re persiano, a cui aderirono diverse regioni greche. I sostenitori macedoni nelle città furono uccisi.

Ma Alessandro fu velocissimo anche in questo caso a stroncare qualsiasi velleità: in quindici giorni di marce forzate con il suo esercito tornò dalle rive del Danubio, invase e rase al suolo Tebe, e ridusse a più miti consigli Atene, che prontamente – capito come tirava il vento - aveva cambiato bandiera e abbandonato Tebe da sola.

Demostene, che lo aveva apostrofato come “ragazzotto sciocco”, fu mandato in esilio. En passant, Alessandro – già in viaggio verso Oriente - fece sconfiggere dai suoi generali le tardive e pavide reazioni di Sparta.


La grande guerra contro i Persiani.

Nella primavera del 334 aC, Alessandro era pronto per continuare quel che l’assassinio di suo padre aveva interrotto.

Con 40.000 fanti e 10.000 cavalieri, tra i quali spiccavano i Compagni del Re (la nobiltà della cavalleria), varcò finalmente l’Ellesponto e giunse in Asia. Accompagnavano via mare la spedizione 140 navi ateniesi, per difendersi dalla potente flotta persiana, ma Alessandro presto le rimandò a casa, preferendo impedire l’attracco della flotta persiana con l’occupazione progressiva di tutti i porti dell’Egeo e dell’Asia minore.


Era ovviamente una guerra di conquista, ma Alessandro la ammantò di un’aura di vendetta sacra: bisognava vendicare i morti greci delle grandi battaglie delle prime Guerre Persiane (Maratona, Termopili, Salamina, Platea…), e soprattutto l’affronto sacrilego compiuto da Serse ad Atene nel 480 aC: l’incendio del tempio di Atena sull’Acropoli.


Alla spedizione, Alessandro fece partecipare storici, geografi, cronisti, interpreti: fu il primo a comprendere l’efficacia della comunicazione e della propaganda. Ogni evento, ogni vittoria era subito comunicata in Greca attraverso dei messaggeri, e certificata con iscrizioni e monumenti.

Nacque anche una folta serie di aneddoti (e qualcuno lo racconteremo).

La spedizione fu raccontata da Callistene e Tolomeo (che fonderà la dinastia ellenica che governerà l’Egitto fino all’arrivo di Augusto).

Peccato che di quei racconti (anche se agiografici e propagandistici) non ci sia rimasta nemmeno una riga, e dobbiamo accontentarci delle fonti di qualche secolo dopo…è per questo motivo che la storia di questo periodo è raccontata solo come una storia di inesorabili successi (“raccontare dei successi – e dei fischi non parlarne mai” , come canterebbe Ron😊)

Per capire quanto Alessandro si ricolleghi alla tradizione omerica, all’inizio della spedizione lo si vede correre nudo attorno al tumulo di Achille, mentre il suo amante Efestione fa la stessa cosa attorno al tumulo di Patroclo. (Gli eroi son sempre nudi e belli, si direbbe parafrasando Guccini😊)


Alessandro Magno onora il sepolcro di Achille (qui è vestito, pero'...)

Il primo incontro/scontro con i satrapi dell’Impero avvenne in Frigia nel 334 avanti Cristo, sul fiume Granico.

Alessandro vinse e mandò al tempio di Atena 300 armature persiane, con l’iscrizione “Da Alessandro e dai Greci, esclusi gli Spartani, in offerta agli Dei, dai barbari che vivono in Asia”. Che gli Spartani non credessero che il Re dimentica gli affronti!


Al santuario di Gordio, tagliò con la spada il famoso nodo che legava al timone il carro del celebre re Mida, dopo alcuni imbarazzanti tentativi di scioglierlo: una profezia diceva che chi avrebbe sciolto il nodo sarebbe diventato il Re dell’Asia, e quindi non ci si poteva certo fermare davanti ad uno stupido grumo di corda…


Ma fu sulle coste della Cilicia, a Isso, che Alessandro si scontrò per la prima volta con il Gran Re, Dario III, che conoscendo meglio il territorio era riuscito ad accerchiarlo, con un esercito questa volta numeroso.


Il Mosaico della Battaglia di Isso ritrovato a Pompei; è del 100 aC e ritrae Alessandro e Dario (Museo di Napoli)

Non solo Alessandro riuscì a cavarsela, ma a causa della disfatta Dario III fu portato in salvo lontano dalla battaglia, e Alessandro ed i suoi compagni non riuscirono a raggiungerlo.


Dario, come tutti i sovrani orientali dell’epoca, quando si spostava anche per motivi militari si portava dietro la corte, ricostruendo in sontuosi accampamenti il lusso dei palazzi reali.

Alessandro, alla fine della battaglia, entrò quindi nell’accampamento del Gran Re. Oltre alla moglie ed alla figlia di Dario, alle decine di concubine ed a decine di componenti della corte, si trovò di fronte ad un lusso che lui, potentissimo ma austero sovrano macedone, non aveva mai nemmeno lontanamente immaginato.


La moglie di Dario, secondo il protocollo persiano, si prostrò davanti al vincitore, ma si confuse e scelse Efestione, l'amante di Alessandro, che era più bello, più marziale, più alto e più regale di Alessandro (il quale, da gran signore, abbozzò e disse “anche lui è Alessandro…”)


L'imperatrice si prostra per errore davanti ad Efestione, scambiandolo per Alessandro...


Dario aveva ripiegato su Babilonia. Alessandro, inseguendolo, dovette vincere la fortissima resistenza di Tiro e di Gaza (come in tutte le altre città, gli abitanti furono massacrati o venduti come schiavi; e il cadavere del difensore di Gaza fu trascinato dal carro di Alessandro attorno alle mura delle città, come fece Achille con Ettore).


Passò in Egitto, dove si fece designare come Faraone dall’oracolo di Amon, e nel 331 fondò Alessandria, “in forma di un mantello macedone”, che divenne nei secoli successivi la più importante delle città elleniche (alla fine della spedizione, le nuove città fondate da Alessandro con il suo nome, in giro per l’Asia, furono una settantina!)


L'architetto Dinocrate propose ad Alessandro la costruzione di una citta' a sua immagine sul monte Athos...


Nello stesso anno, nell’ottobre del 331 avanti Cristo, si svolse lo scontro decisivo con Dario, a Gaugamela, oltre il Tigri. Il terreno era stato fatto spianare da Dario per agevolare il compito dei suoi carri da guerra con le falci (impressionanti quanto obsoleti).


I carri da guerra persiani con le falci laterali

Fu uno scontro titanico, dove erano rappresentate tutte le forze dell’Impero Persiano (inclusi sciti, indiani, etiopi…) in un esercito di forse 200.000 uomini contro gli ora 60.000 di Alessandro.


La battaglia di Gaugamela

Dario fu sconfitto e fuggì ancora, mentre il potere achemenide ormai collassava.


Alessandro conquistò Babilonia, ancora una delle più favolose e mitiche città del tempo, che lo accolse come un trionfatore, tra i suoi giardini pensili alimentati dal Tigri, ancora esistenti. Nessun greco si era mai spinto fino a qui!


E poi, dopo una lunga pausa per far riposare un esercito stremato, si rimise in movimento.

Fino a Susa, la capitale più frequentata dal potere imperiale, dove si sedette sul trono del Gran Re.

Qui fu trovata una parte del tesoro degli Achemenidi: decine di migliaia di talenti d’oro e d’argento (il talento era una unità di misura di peso, corrispondente a circa 36kg. Con un solo talento si poteva, a quei tempi in Grecia, far costruire una triremi).

A dicembre, Alessandro si mosse verso Persepoli attraverso le montagne.

Le Porte Persiane, uno stretto varco montano, erano presidiate da una fortezza persiana, da cui le truppe bombardavano i macedoni con le catapulte. Come accadde alle Termopili, ma a parti invertite, fu un pastore a condurre l’esercito di Alessandro attraverso un passaggio alternativo che permise di aggirare la fortezza.

A 2500 metri di altezza, sotto la neve, i macedoni attaccarono la fortezza, la espugnarono e giunsero davanti alla capitale Persepoli.

Il Palazzo imperiale achemenide, detto “di Capodanno”, svettava, dal suo basamento, sopra la città. Stanze colossali, statue, ricchezze.

E poi la sala del tesoro imperiale, con 120.000 talenti!

(Ben diecimila animali da soma vennero usati per spostare il tesoro reale ad Ectabana, la capitale imperiale estiva tra le montagne, dove Alessandro affidò la città ed il tesoro a Parmenione, uno dei suoi generali più fidati.)

Alessandro, insediatosi nel Palazzo, lasciò il resto della città in balia del saccheggio dell’esercito. Vi si fermò per l’inverno e la primavera.

Il Palazzo reale venne poi dato alle fiamme, come gesto di vendetta per l’incendio dell’Acropoli di Atene da parte di Serse (anche se una versione parla dell’esito non voluto di una festa orgiastica a base di vino, avviato dal gesto di una ballerina ateniese).

Gli scavi archeologici dei secoli recenti rilevarono due metri di cenere stratificata di cedro profumato sul pavimento del Palazzo!


A Pasargade, Alessandro rese omaggio alla tomba di Ciro il Grande, facendola restaurare. Si considerava di fatto successore legittimo degli Achemenidi, di Ciro e di Dario, e Re dei Re. Siamo nel 330 avanti Cristo.

Saputo che Dario III si era confinato nelle regioni orientali con 10.000 uomini, Alessandro riprese ad inseguirlo. Quando, invece che vivo, lo trovò ucciso, ne fece portare il corpo a Persepoli per farlo tumulare nella roccia.

Scoperto che il colpevole dell’assassinio di Dario era Besso, satrapo della Battriana, Alessandro lo raggiunse e lo fece uccidere: un Re dei Re doveva vendicare un suo predecessore!

Alessandro, affascinato dai costumi persiani, capì che per mantenere questo impero immenso e costituito in pochi anni non poteva porsi come conquistatore, ma piuttosto presentarsi come continuatore dell’esistente.

Oltre a vestirsi come un persiano, Iniziò ad imporre alcuni usi della corte persiana, come la “proknesys”, ovvero la prostrazione davanti al sovrano: cosa che i suoi compagni d’arme ritenevano intollerabile per degli “uomini liberi”, e l’intera corte si ribellava all’idea di adottare i caratteri di una cultura ritenuta barbara ed inferiore alla propria.

Non solo: i giovani di corte ordirono una congiura contro Alessandro. Che la scoprì, e fece uccidere, ritenendolo colpevole, il figlio di Parmenione, suo fedele comandante.

Fece di peggio: temendo che ricevendo questa notizia Parmenione potesse ribellarsi, inviò subito dei sicari ad Ectabana per ucciderlo a tradimento.

Come se non bastasse, un paio di anni dopo, durante un banchetto Alessandro litigò duramente con Clito il Nero, un altro dei suoi generali e compagno della prima ora che lo accusava di “decadenza orientale”, e in uno scoppio d’ira lo uccise con una lancia.


Alessandro ripartì verso Oriente, non ancora sazio di conquiste.

In Afghanistan, nel 327 aC, Alessandro si innamorò di Rossane, una principessa persiana figlia del satrapo Ossiarte, sposandola con rito macedone e persiano.

Una seconda congiura si sviluppò nella corte, sempre più infastidita dall’assunzione dei costumi persiani. Questa volta ne fece le spese Callistene, il cronista della spedizione e nipote di Aristotele.

La solitudine di Alessandro giunse al culmine; aveva ormai contro la sua vecchia guardia, i “Compagni del Re”, ad eccezione di pochi fedelissimi, ed anche i giovani figli della nobiltà erano contro di lui.

Nonostante questo, con un esercito sempre meno convinto, si spinse ancora ad Oriente, oltre l’Indo su cui si era fermato Dario I, con nuove battaglie, nuove conquiste, nuove scoperte.

Dopo essere arrivato alle rive dell’Ifasi, l’esercito si rifiutò di procedere oltre, fino al Gange come si era prefisso il Re.

Alessandro si rese conto che non avrebbe potuto chiedere altro ai suoi soldati.

Ed iniziò la lunga, pericolosa marcia del ritorno. Una parte dell’esercito tornò con Alessandro via terra, l’altra ritornò per mare.

Non racconteremo qui l’appassionante viaggio di 7000 km a piedi e cavallo per tornare in Persia, perché il racconto richiederebbe un libro: ma nel 325 aC. Alessandro fu di nuovo nella vecchia capitale, Persepoli, dove il Palazzo in cenere gli ricordava le prime conquiste.

La situazione, durante la sua assenza, si era fatta grave. Il tesoriere Arpalo era fuggito con una parte considerevole del tesoro imperiale. I lunghi anni senza controllo avevano fatto decadere il potere centrale, e scatenato la corruzione.

A Pasargade, la tomba di Ciro, affidata ai Magi, era stata saccheggiata. Alessandro la fece di nuovo restaurare.

Ed eccoci tornati al punto di partenza, ed alla chiusura di questo racconto.


Siamo nella primavera del 324 avanti Cristo.

Alessandro aveva permesso alla quasi totalità dei suoi soldati macedoni di tornare finalmente a casa, garantendo loro una serena vecchiaia. In Oriente, le sue armate si erano riempite degli stessi soldati e delle stesse nazionalità che fino a pochi anni prima combattevano per l’Impero Persiano.

Alessandro, nel 324 avanti Cristo a Susa, organizzò allora un evento memorabile per unire le culture greca e persiana, che passò alla storia come “le nozze di Susa”.

Alessandro organizzò il matrimonio di 80 suoi ufficiali con altrettante donne nobili persiane, e la ratifica di altri 10.000 matrimoni misti già avvenuti.

L’idea era che la prole generata da questi matrimoni costituisse l’inizio di “un mondo nuovo” di uomini e donne liberi dal passato, figli di entrambe le civiltà e dimentichi della perenne guerra passata tra i due mondi.

Anche Alessandro, già sposato con Rosanne, prese per mogli la figlia maggiore di Dario III e la figlia più giovane di Artaserse III, e fece sposare Efestione con un’altra figlia di Dario, in modo che i figli della coppia fossero suoi nipoti.

Anche i Compagni del Re, da Tolomeo a Seleuco, ebbero delle mogli persiane, figlie dei satrapi, così come altri 80 ufficiali.


Le nozze furono celebrate con rito persiano.

Le sedie vennero predisposte per gli sposi in ordine di precedenza; dopo i brindisi le spose entrarono e si sedettero ciascuna a fianco del proprio sposo, che le prese per mano e le baciò.

Il re fu il primo ad essere sposato: tutti i matrimoni furono celebrati allo stesso modo, e in questa cerimonia Alessandro volle dimostrare di essere uguale ai suoi comandanti ed ufficiali.

Poi gli sposi riportarono le loro mogli alle loro case e Alessandro diede a ciascuno di loro una dote.

Ordinò che tutti gli altri macedoni che avevano precedentemente sposato donne persiane (più di 10.000) fossero registrati. A tutte le coppie Alessandro fece sontuosi regali di nozze.

La cerimonia fu gigantesca e durò diversi giorni, con sfilate, canti, celebrazioni, banchetti.


E con le mirabolanti nozze di Susa, possiamo dire che terminò anche l’ambizioso progetto unificatore di Alessandro.

Dopo la sua morte, nel 323, il sogno di unificare le due culture non fu più attivamente perseguito.


Tutti coloro che si erano sposati a Susa divorziarono, ad eccezione di uno dei suoi comandanti, Seleuco, e di Efestione, che però morì prima ancora di Alessandro.


La pira funebre di Efestione, voluta da Alessandro, era alta 60 metri!

Le componenti persiane ed indigene furono subordinate alla classe dirigente macedone, e l’immenso territorio conquistato da Alessandro fu progressivamente smembrato in diversi regni.


Ma la potenza delle culture orientali e di quella greca compirono comunque quel che Alessandro aveva desiderato.


Ebbe inizio quella feconda età della “mescolanza” tra culture, chiamata “Ellenismo”, che durò fino alla conquista da parte dei Romani e vide la “grecità” alimentare le nuove culture e fondersi con esse, fino all’India, ben oltre il limitato perimetro iniziale dell’Egeo e del Mediterraneo Orientale.


Alessandro aveva visto lontano!...


Fonti:

“Alexandros”, di Valerio Massimo Manfredi, trasmesso da RadioDue “Alle Otto della Sera” nel 2013.


"Storica", febbraio 2021: "Alessandro Magno ed Efestione".















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