Non fu soltanto "il party più grandioso della storia".../parte 2
"Se qualcosa va storto, io personalmente prenderò la mia pistola e vi sparerò, prima di uccidere me stesso!". Così nel 1970 il Ministro della Corte Imperiale cerca di convincere il Governatore di Fars a darsi una mossa: a 12 anni dall'inizio dei preparativi, e ad uno solo dalle Celebrazioni, gli hotel di Shiraz e Persepolis della cui costruzione è responsabile sono ancora lontanissimi dall'esser finiti!
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(Le informazioni di questo post sono tratte dal libro di Robert Steele: ”The Shah’s Imperial Celebrations of 1971”, I.B.Tauris, prima edizione inglese ottobre 2020)
Come evidenziato nel primo post, l’ideologia che i Pahlavi diffusero dagli anni 60 del secolo scorso aveva due pilastri: l’appartenenza della Persia alle nazioni occidentali (attraverso il mito dell’Arianesimo) e l’appropriazione del passato pre-islamico: questo dimostrava che l’Iran non era, essenzialmente, un paese islamico, e che il passato dell’Iran era glorioso e civilizzato almeno quanto quello europeo (e più antico di quello di Italia e Grecia).
Le Celebrazioni dovevano offrire l’occasione per promuovere questi due aspetti, sia all’interno del Paese che nello scenario globale.
L’idea di tenere una celebrazione per onorare Ciro il Grande fu promossa da Shojāʿ al-Din Shafā nel 1958.

Shafā era uno degli “ideologi di corte”, impregnato del nazionalismo romantico del XIX secolo. Nel 1942 aveva iniziato la propria carriera politica fondando il partito Mihan Parastān (i Patrioti), che confluì più tardi nell’Iran Party (Hezb-e Irān). Era inoltre uno studioso, e tradusse in persiano molte opere italiane e francesi, tra cui la Divina Commedia (il che gli valse una medaglia d’oro dalla città di Firenze).
L’influenza di Shafā sulla Corte era notevole: divenne il principale speech-writer dello Shah, e ghostwriter dei suoi libri.
Era anche vicino all’UNESCO, che dal 1954 chiese agli stati membri di tenere celebrazioni di personaggi ed eventi significativi per la cultura mondiale. Si promossero, tra gli altri, il centenario della nascita di Cecov (1960) e il 1000esimo della fondazione della città di Lussemburgo (1963).
Così nacque l’idea delle Celebrazioni per Ciro, promossa a livello mondiale anche dall’UNESCO: il 22 dicembre 1958, l’Iran annunciò che si sarebbero tenute l’anno successivo, ma lo Shah le pospose al 1961 (2500 anniversario della conquista di Babilonia da parte di Ciro). Fu creato un apposito Consiglio Centrale per le Celebrazioni ai massimi livelli di governo.
Presto, per difficoltà organizzative legate alla disponibilità alberghiera, furono rimandate al 1962, ma presto si capì che il Consiglio non ce l’avrebbe fatta nemmeno per il 1963, visto che non disponeva nemmeno di un budget preciso. Le Celebrazioni furono di nuovo spostate al 1965, poi all’ottobre 1967.
Lo Shah intendeva far coincidere le Celebrazioni e la propria incoronazione (altro evento fondamentale per la celebrazione della monarchia): ma quando la Corte Inglese rispose che una convenzione impediva che un sovrano regnante assistesse all’incoronazione di un altro, si decise di scindere i due eventi per consentire ai monarchi (la Regina Elisabetta II in primo luogo) di essere presenti almeno alle Celebrazioni di Ciro.
L’INCORONAZIONE DI MOAHAMMAD REZA E FARAH

A differenza dei tredici anni che sarebbero stati necessari, alla fine, per organizzare le Celebrazioni, l’Incoronazione dello Shah nel 1967 fu preparata in pochi mesi, con un budget di 3 milioni di dollari.
Rispetto all’incoronazione di Reza Shah nel 1926, ci furono alcune differenze. Fu una cerimonia con un numero limitato di regali preziosi (5, invece dei 17 del padre, che riprese i cerimoniali Qajar), sempre a palazzo Golestan, ma con alcuni elementi che evidenziavano il Pahlavismo. Nel rito ci furono pochi elementi religiosi: lo Shah baciò un Corano e ci fu un breve sermone da parte dell’Imam di Teheran; ma poi il sovrano si incoronò da solo, a dimostrare la sua indipendenza dalle istituzione religiose e la separazione di chiesa e stato.
Inoltre, per la prima volta fu incoronata una Regina (Farah). Questo voleva dimostrare che la dinastia Pahlavi modernizzava il paese anche riconoscendo il ruolo delle donne e la loro emancipazione.
Si trattava quindi della narrazione di una monarchia che vedeva sé stessa come “rivoluzionaria”.
Alla cerimonia seguirono, dalla serata, un concerto alla nuova Rudaki Hall con orchestre internazionali (tra cui i Virtuosi di Roma) e una parata militare il giorno successivo.
La coppia reale non mancò però di andare a Mashad per il rito del Mab’ath.
Le cerimonie vennero concluse ponendo una placca d’oro da 5kg nelle fondamenta della Shahyād Āryāmehr Tower (Borj-e Shahyād-e Āryāmehr) che verrà poi inaugurata nel 1971.
LA (FEBBRILE E TARDIVA) PREPARAZIONE DELLE CELEBRAZIONI
Nel 1968, l’anno dopo l’incoronazione, si stabilì definitivamente che le Celebrazioni avessero luogo nel 1971. Nei dieci anni di esistenza del Consiglio, si erano progettate le edizioni di alcuni libri e fatto qualche intervento su strade e ferrovie, ma nulla di più.
Lo Shah dunque ampliò il Consiglio Centrale per le Celebrazioni, includendo il Ministro degli Esteri ed il Ministro della Cultura. Nel 1970 cambiò anche il capo del Consiglio, che divenne Abdolrezā Ansāri. Il quale si accorse che la situazione era drammatica, e nei dodici anni precedenti era stato fatto davvero poco.
A quel punto fu creato un Alto Comitato Esecutivo, di 8 membri, sotto il controllo diretto della Corte (di Farah in particolare).
Il Ministro della Corte Imperiale, ʿAlam, che guidava il Comitato Esecutivo, arrivò a dire al Governatore di Fars (che aveva mentito sullo stato di avanzamento dei nuovi alberghi a Persepolis e Shiraz) che
“se ci sarà il benché minimo errore nel lavoro che Vi è stato affidato, e le cerimonie non saranno all’altissimo livello atteso, io personalmente prenderò la mia pistola e vi sparerò, prima di uccidere me stesso! Da oggi in poi sappiate che nessuna scusa sarà tollerata.”
Da quel momento in poi i lavori ebbero una accelerazione impressionante, anche se il nuovissimo Darius Hotel a Persepolis non era ancora finito a meno di un mese di distanza dalle Celebrazioni. Ma all’inizio di ottobre del 1971, finalmente, tutto era stato completato.
E nel 1970 visto che il logo pensato fino ad allora sembrava contenere più simboli egizi che persiani, fu scelto finalmente anche il logo finale delle Celebrazioni: il cilindro di Ciro circondato da un cerchio di 25 fiori (uno per ogni 100 anni dell’Impero) e sormontato dallo stemma reale della dinastia.

Dal 1970, anche il programma delle Celebrazioni divenne definitivo: includeva una cerimonia per onorare Ciro il Grande a Pasargade, un congresso di studiosi a Shiraz, una parata militare, uno spettacolo di suoni e luci a Persepoli, seminari in Iran e nel mondo, e la pubblicazione di libri, tra cui la riproduzione di un manoscritto dello Shāhnāmeh-ye Bāysonghori.
Però, le due preoccupazioni principali del Comitato Esecutivo riguardavano l’alloggiamento e la fornitura di pasti agli ospiti VIP.
E di questi argomenti assai gustosi parleremo nei prossimi post… (continua)