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Quando mandammo una missione italiana in Persia (1862)...

Aggiornamento: 27 mar 2020

La missione italiana in Persia del 1862 è un episodio poco noto della nostra storia patria, soprattutto del neonato Regno d'Italia, ma non per questo meno interessante e curioso.

Filippo De Filippi

L'inizio di questa storia si può collocare attorno al 1850: quando l'industria europea dei bachi da seta, a quei tempi florida e ricca come quella orientale, viene improvvisamente colpita


da un'epidemia che la devasta.




E' quella che sarà chiamata pebrina, la "malattia del pepe": detta così perché i bachi malati presentano macchie che sembrano grani di pepe - e fra i primi a scoprirlo fu Filippo De Filippi (1): uno scienziato italiano che ritroveremo più avanti nella nostra storia.



Camillo Cavour

Nel 1860, l'epidemia che colpisce mortalmente i bachi da seta in Europa e in Asia, colpendo anche l'industria serica del Regno di Sardegna, convince Cavour a progettare una missione in Persia. Cavour, oltre che Primo Ministro ed ex Ministro della Agricoltura, è anche risicoltore (ha una tenuta a Trino Vercellese).

La sua idea è di scambiare campioni di bachi persiani con il riso piemontese.


Quello progettato da Cavour, tuttavia, non è il primo contatto tra il Regno di Sardegna e la Persia.


Il piccolo Regno già nel 1830 aveva inviato un Console a Costantinopoli, dove c'era una rappresentanza persiana, con cui si presero i primi contatti.




Romualdo Tecco

Nel turbolento 1848, quando Ministro degli Esteri è Massimo D'Azeglio, l'inviato a Costantinopoli è Romualdo Tecco, un diplomatico che ha imparato l'arabo in giovane età, e conosce anche il persiano.


I rapporti tra Persia e Regno di Sardegna si intensificano dopo la guerra di Crimea, che finisce nel 1856 con la sconfitta della Russia da parte della alleanza tra Impero Ottomano, Francia, Inghilterra e Regno di Sardegna.


La Persia, stretta nella morsa di inglesi e russi, e dopo essere stata costretta dagli inglesi a ritirarsi dall'Afganistan, invaso nel 1856, si distingue per un forte attivismo diplomatico, che si rivolge anche al piccolo e dinamico stato sabaudo: nel 1857 firma a Parigi un trattato con il Regno di Sardegna e diversi accordi bilaterali con molti stati europei.


Ma torniamo al 1860, e alla missione progettata da Cavour per avere i bachi persiani.


Nel 1860, da Napoli, Vittorio Emanuele II scrive una lettera allo Shah di Persia, Nasser al-Din Qajar.



Il nuovo console del Regno a Costantinopoli è Marcello Cerruti.


E' un diplomatico di razza, che inizia la sua carriera a Belgrado e si distingue per organizzare trame contro l'Impero Austriaco, cercando di supportare i rivoluzionari ungheresi di Kossuth. Anche quando il governo sardo decide di cessare le trame antiasburgiche, Cerruti mantiene di propria iniziativa i contatti con i rivoluzionari.


Cacciato dai Balcani su richiesta di Vienna, Cerruti torna a casa e passa poi 8 anni in Brasile, dal 1852 al 1860.

Nel 1860 Cavour lo manda come proprio rappresentante a Costantinopoli, anche con il preciso scopo di osservare i movimenti antiaustriaci nelle province più turbolente (Ungheria, Croazia, Serbia) e nelle province europee dell'Impero ottomano.

Di nuovo Cerruti riprende i contatti con i rivoluzionari ungheresi, a cui Cavour promette un carico clandestino di armi.

5 navi, con 50.000 fucili, partono da Genova e arrivano nel Bosforo.

Sulle casse di armi c'è scritto a caratteri cubitali "Regio Arsenale di Genova" e "Regio Arsenale di Torino": è Cerutti, con due collaboratori, a doversi armare di pennelli e colori per cancellare le scritte.

Una spedizione così naif non sfugge però agli austriaci, che chiedono agli Ottomani di bloccare le navi e farle tornare a Genova scortate dagli inglesi.

Lo scandalo è grave, Cerutti nega ogni responsabilità del suo governo e Cavour pensa di mandarlo in Persia come ambasciatore.

Le acque poi si calmano, e Cerutti viene nominato nel 1861 Ministro residente a Costantinopoli.

Cavour muore in quello stesso anno, e Ricasoli (fino alle dimissioni nel marzo 1862) e poi Urbano Rattazzi, primi ministri del neonato Regno d'Italia, riprendono il tema della missione in Persia.

Rattazzi convince il Parlamento, inizialmente contrario, ad autorizzare la missione ipotizzata da Cavour, visto che i Persiani hanno già mandato la loro.

Tra gli scopi nascosti, verificare se l'espansione russa degli ultimi tempi era consolidata, e studiare le relazioni della Persia con Inghilterra, Russia e Francia.


La missione viene dunque preparata a gran velocità, con Marcello Cerutti alla guida.

Sarà composta in totale di 18 membri, distinti in quattro sezioni: diplomatica, militare, commerciale e scientifica. La missione mira a rappresentare il prestigio politico e culturale della nuova Italia e a compiere una ricognizione generale del paese visitato.


Ecco l'elenco dei partecipanti:

Sezione diplomatica

Marcello Cerutti, inviato straordinario di Sua Maestà presso lo Shah della Persia;

cav. Gianotti, consigliere di legazione;

cav. Curtopassi, segretario di legazione;

marchese di San Germano, applicato di legazione;

O. Bosio, console di Sua Maestà;

Sezione militare

Conte S.G rimaldi, capitano di cavalleria, ufficiale di ordinanza onorario di Sua Maestà;

Clemencich, capitano di Stato Maggiore.

Per le scienze ed il commercio

Carlo Orio di Milano, bacologo ed economista;

Giacomo Lignana, professore di filologia comparata presso la Regia Università di Napoli;

Camillo Ferrati, professore di geodesia e matematico presso la Regia Università di Torino;

Michele Lessona, professore di Storia Naturale presso la Regia Università di Genova e medico (anche della missione);

marchese Giacomo Doria, giovane naturalista genovese;

Filippo De Filippi, direttore del Museo di Geologia di Torino;

sig. Ballerini, preparatore del R.Museo di Pavia;

Luigi Montabone, fotografo reale, Torino;

sig. Alberto Pietrobon, aiutante di Montabone

aggregati a Costantinopoli:

cav. Carretto, medico, Costantinopoli;

marchese Centurioni, Genova


Purtroppo non esiste un resoconto ufficiale della missione redatto dal Governo: che cosa è accaduto in quella missione lo sappiamo grazie agli appunti di viaggio di Filippo De Filippi, contenuti nel volume: "Note di un viaggio in Persia nel 1862", edito nel 1865: un interessante volume di 400 pagine che contiene molte osservazioni scientifiche sulla fauna, sulla flora e sulla geologia della Persia. A questo si aggiungono le fotografie di Luigi Montabone, "Ricordi del viaggio in Persia della missione italiana 1862".


La delegazione parte da Genova il 21 aprile con la nave Ichnusa, e dopo il trasbordo su un vapore russo arriva fino a Trebisonda il 9 maggio 1862.

Il Regno di Italia, a quel tempo, non è ancora riconosciuto dalla Russia, ma la missione ottiene comunque con facilità i lasciapassare per attraversare i territori sotto il controllo dello Zar.

La missione entra in Persia il 16/6, passa da Tabriz (dove è costretta ad una lunga, irritante sosta) e arriva a Teheran dopo un lunghissimo viaggio con carrozze e cavalli su strade impervie.

Nel corso del viaggio la delegazione incontra alcuni militari italiani che, dopo il Risorgimento, sono venuti ad addestrare le truppe persiane.


Luigi Pesce, Tehran, Gate of the Royal Arg (Citadel), 1850, in Album fotografico della Persia

Tra loro il colonnello Luigi Pesce, che diventerà anche il fulcro della nascita della fotografia persiana (il suo primo album di foto persiane è conservato oggi a Palazzo Golestan, a Teheran) ed il generale Enrico Andreini (2), giunto in Persia nel 1857 dopo essere stato radiato dall'Esercito del Granducato di Toscana, che scriverà anch'esso le memorie della sua permanenza nel paese.

Ospitati in un accampamanto di tende fuori Teheran, sono finalmente ricevuti dallo Shah e successivamente dal Ministro degli Esteri.

La delegazione porta allo Shah ed a tutti i diversi livelli della corte un discreto numero di regali, tra cui 32 casse di armi francesi (acquistate da Costantino Nigra, a quel tempo rappresentante del Regno di Italia a Parigi).


Filippo De Filippi descrive nel suo libro l'incontro con lo Shah Nasser al-Din, e lo stupore per la magnificenza dei suoi abiti tempestati di preziosi; poi la consegna della nomina a Cavaliere dell'Ordine della Santissima Annunziata , da parte di Cerruti a nome di Re Vittorio Emanuele II, e lo stupore dello Shah per la perfetta padronanza della lingua persiana manifestata dal professor Lignana.


Ed il successivo incontro con il Ministro degli Esteri, in cui lo stesso si premura di sapere in anticipo chi, tra i membri della delegazione, provenisse dal Regno originario (di Sardegna) e chi ai nuovi territori annessi in seguito, per sfottere in modo vistoso questi ultimi.



La missione viene ufficialmente sciolta ad agosto 1862.


A Teheran resta la sezione diplomatica, per siglare il trattato di commercio col governo persiano, che è simile a quello stipulato a Parigi nel 1857.

Prevede il diritto di importazione dei bachi da seta persiani per 4 anni e l'apertura di un Consolato italiano sul Caspio (dove ha sede l'industria serica persiana).

Il Trattato viene ratificato a novembre 1862 dal Parlamento e il 28 dicembre 1862 dal Re.


Filippo De Filippi e gli altri scienziati si concedono una scalata al Damavand, il vulcano che domina ancora oggi la vista di Teheran.

Giacomo Doria, dopo il Damavand, si inoltra in una spedizione scientifica nel sud della Persia, da cui ricaverà materiale ancora oggi conservato nel Museo di Storia Naturale che porta il suo nome a Genova, di cui fu fondatore e direttore per quarant'anni.

Tutti i componenti, ad eccezione di Doria, faranno poi ritorno a nord in modo tale da rientrare in Europa via Russia entro l'autunno. prima che si congelino le vie d'acqua.


Anche Luigi Montabone, il fotografo reale, crea un volume fotografico di quella spedizione.

Del suo libro furono prodotte nella prima edizione solo quattro copie, che oggi si trovano:

  • 1 nella Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia (con dedica di Marcello Cerruti a Sir Austen Henry Layard, archeologo in Oriente che ebbe, a Venezia, interessi nelle arti e nell’imprenditoria)

  • 1 nella Biblioteca Reale di Torino, regalato al Re Vittorio Emanuele II;

  • 1 di proprietà della famiglia Cerutti

  • 1 in una Biblioteca di Brasila (regalato da Cerutti all'imperatore del Brasile).


Il libro di Montabone è un punto importante nella storia della fotografia. Come noto, lo Shah Nasser al-Din Qajar era fortemente interessato alla fotografia, e fu felice di confrontarsi con Montabone. Nello stesso periodo, come detto, Luigi Pesce ed altri fotografi italiani ebbero un ruolo pionieristico nello sviluppo della fotografia persiana e nella documentazione del territorio.


Gli effetti della missione, a parte soddisfare la curiosità scientifica di De Filippi e Lessona, saranno molto scarsi.

Quanto previsto nel trattato siglato nella missione non ha di fatto seguito: resta una occasione perduta.

Il Governo organizzerà di lì a poco una nuova missione in Giappone per lo stesso scopo (salvare la bachicoltura), ma ormai gli studi scientifici (principalmente razionalizzati da Luigi Pasteur) hanno consentito di combattere e dominare la pebrina, e la minaccia per i raccolti non è più così pressante.


Si registra in seguito una visita dello Shah di Persia in Italia (a Torino) nel 1873: è la prima volta di un sovrano persiano in Italia dai tempi di Serse!


Il primo Consolato italiano in Iran sarà aperto solo nel 1886. (3)


(1) Per una biografia di Filippo De Filippi, vedasi l'articolo di Valentina Cabiale su RivistaSavej.

(2) Angelo M. Piemontese, An Italian source for the history of Qajar Persia: the reports of the general Enrico Andreini (1871-1886)

(3) Molte informazioni sono tratte dalla conferenza di Massimo Gusso "La spedizione italiana in Persia del 1862", svoltasi a Vittorio Veneto l'8 aprile 2016 https://www.youtube.com/watch?v=YnF-IP8gpyk&t=3s

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