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Quella volta che il Circo Orfei rimase bloccato in Iran... (e Moira fece il malocchio ad Andreotti!)

Moira Orfei, che ci ha lasciati nel 2015, era sicuramente un personaggio straordinario. Ricordiamo tutti la sua immagine più iconografica, quella da Regina del Circo:


Moira, la Regina del Circo

Michela Murgia, nel capitolo dedicato a Moira Orfei nel libro “Morgana”, scritto con Chiara Tagliaferri, ne scrive:


La storia degli Orfei inizia nel 1820, quando il bisnonno di Miranda, che è un prete missionario, si trova nel Montenegro per battezzare i bambini del posto.

S’innamora di una zingara più bella di Esmeralda in Notre-Dame de Paris e rinuncia alla tonaca – immaginiamo senza troppo dispiacere – per andare a vivere in Italia con lei, i suoi quattro cani e un orso.

Dalla liturgia sacra a quella profana il salto è breve: è allora che nasce il circo Orfei e sarà proprio lui, l’ex prete missionario, a lasciare in eredità ai figli i libri di magia che arriveranno poi anche a Miranda (il nome vero di Moira, ndr).

In quei libri si dice ci fossero le formule del malocchio, pratica per cui gli Orfei erano ben noti, ma Moira dirà che nella vita ha preferito sempre toglierlo piuttosto che metterlo.

A smentirla c’è almeno un’eccezione, quella della famosa maledizione indirizzata a Giulio Andreotti, ma questo accadrà molto più avanti.


Un'altra celebre ed iconica immagine di Moira Orfei, scattata da Mario De Biasi nel 1954

Questa storia del malocchio ad Andreotti è proprio un elemento importante della storia che andiamo a raccontare, e che collega Moira Orfei all’Iran.


Lasciamola raccontare da lei (sempre dal libro di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri):


“Il circo di Moira non sembra conoscere crisi. Fa quattrocento spettacoli all’anno e le tournée si spingono ovunque. Insieme ai loro animali lei e Walter attraverseranno letteralmente il mondo, non sempre senza incidenti. Nel 1978 rimangono bloccati per sei mesi in Iran con cento artisti a carico e cinquanta animali. Quanto sia stato difficile lo racconta lei stessa nel consueto modo colorito:


“Il circo non si chiamava Moira Orfei, avevamo scelto il nome sbagliato: Circo Occidentale. Ma avevamo un successo pazzesco, almeno finché c’era lo scià.

Poi comincia la rivoluzione, arriva quel Khomeini e noi diventiamo fuorilegge, perché abbiamo le ballerine: siamo peccatori! Roba da matti.

Khomeini mette al bando il circo, brucia tutto e ordina di uccidere gli animali. Non riusciamo a tornare in Italia per settimane.

Prima uccidiamo i cavalli per dar da mangiare ai leoni, che poi però muoiono comunque. Solo gli elefanti si salveranno.

Nel frattempo ottengo un visto per tornare da sola in Italia e chiedere aiuto a Giulio Andreotti, che all’epoca è presidente del Consiglio. Mi presento da lui con i giornalisti, ma lui mi risponde con sufficienza: ‘Eh, se dovessi salvare tutte le ditte in difficoltà…’”.


Non si fatica a immaginare la scena tra il composto statista avvezzo a tutte le mediazioni e la focosa signora del circo.

Moira si mette a urlare davanti ai giornalisti (tra cui Vittorio Feltri) che la trattengono per impedirle di picchiare Andreotti.

Alla fine arriva Achille Lauro a risolvere la situazione: dà a Moira la nave Silvia per riportare in Italia il personale, gli animali e le attrezzature non ancora distrutte dalla furia dei fanatici integralisti, ma per Moira l’affaire con Andreotti non è concluso.

Praticherà contro di lui il primo malocchio della sua vita (benché forse non il primo della vita del divo Giulio), ma senza grandi risultati. Come mago era decisamente più forte lui.”


Stefano Nones Orfei, oggi direttore del circo di famiglia, di fianco alla madre Moira

Questa vicenda è raccontata, da un altro punto di vista - ma non meno interessante, dal figlio di Moira Orfei, Stefano Orfei Nones, in una intervista rilasciata ad Alessandro Ferrucci de “Il Fatto Quotidiano” nel 2020:


L’unica altra volta di uno stop così prolungato (si riferisce al fatto che il Circo è fermo per il COVID, ndr) è stato al tempo della guerra in Iran, con la Rivoluzione islamica.


E voi cosa c’entravate?

Nel settembre del 1977 siamo partiti da San Donà di Piave, destinazione Teheran: un viaggio in treno lungo 18 giorni, e composto da due carovane speciali con 70 vagoni, più cinque camion rimorchio.


Invitati da…

Lo Scià in persona, e il debutto è stato a Teheran; in oriente abbiamo lavorato fino a gennaio del 1978 e sbaglia chi crede che la Persia fosse un Paese arretrato: erano più avanti dell’Italia, con i centri commerciali, la televisione via cavo, la Cnn collegata, e mia zia che guardava Sentieri. Lì ho bevuto la prima lattina di 7Up e frequentato la scuola italiana.


Le interessava studiare?

Mica tanto; comunque, dopo Teheran siamo andati sul Mar Caspio e sono iniziati i problemi: ci hanno bruciato i tendoni, sono morti due cavalli, è arrivata la polizia che ci ha avvertito: “Siete europei, quindi considerati nemici dagli integralisti”.


E voi?

I miei organizzarono un controllo notturno con tanto di torretta; (sorride) il paradosso era che il giorno la polizia manganellava le persone per il troppo caos alla biglietteria; la notte, sempre la polizia, ci proteggeva da chi ci voleva morti.


Perfetto.

Gli integralisti arrivarono a piazzare un ordigno sotto il camion dell’acqua convinti fosse pieno di benzina, e a lanciare una bomba contro il tendone.


Voi imperterriti…

Avevamo 1.800 spettatori a sera e mio padre andava avanti.


E lei?

Come lui.

Torniamo all’Iran.

Ci spostiamo a Babol (nella provincia di Mazandaran, ndr) e tutti i giorni dei ragazzi ci tirano i sassi, fino a quando il capo della polizia dà l’allarme: “Ci sono circa mille persone che stanno arrivando per dare fuoco al circo: noi tentiamo di arginarli, ma se ci passano difendetevi come potete”.


Quindi?

Piazziamo la corrente elettrica intorno a noi, prepariamo i leoni e le tigri da scagliare contro, mentre noi bambini veniamo chiusi in un tir e a me consegnata un’accetta: “Se vedi una mano alla finestra, non pensare, taglia”.


E…

Alla fine, ci fu un accordo: potevamo mettere in scena lo spettacolo, e subito dopo andare via; solo che due ragazzi decisero di lanciarci una bomba, ma a uno dei due gli scoppiò in mano.


Nient’altro?

Siamo rimasti per cinque mesi fermi a Teheran, sostenuti dall’ambasciata italiana (cambia tono) in quel periodo, in Iran c’erano la rivoluzione e le fosse comuni, poi a ottobre mia mamma riuscì a tornare a casa e con lei mia sorella: appena in Italia cercò sponde e aiuti nella politica, ma Andreotti si rifiutò.


Soluzione?

Mamma tentò il suicidio, l’armatore Achille Lauro mandò una nave a prenderci, e lo Scià ci riconsegnò i passaporti prima di abbandonare il Paese.”



Fonti :

"MORGANA", il libro di Michela Murgia e Chiara Tagliaferri, Mondadori 2019.

"(MORGANA" nasce come (bellissimo) podcast, e la puntata dedicata a Moira Orfei, raccontata da Michela Murgia, è ascoltabile qui-> Ep. 12 | Moira Orfei | storielibere.fm... ma godetevi anche tutti gli altri podcast, sono splendidi!)


L'intervista a Stefano Nones Orfei è tratta da qui: STEFANO ORFEI NONES: “Sotto le bombe in Iran. Il leone che assale papà. E mamma senza trucco” - Circusfans Italia

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