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Così cantò Zaratustra: fasti e miti di una delle più antiche religioni del mondo

Aggiornamento: 1 set 2019

Cosa ci dice, oggi, il nome di Zaratustra (o Zoroastro, come lo chiamavano i greci)?

Ben poco, probabilmente.

In qualche sua traccia, però, ci siamo imbattuti tutti, nella cultura pop del XX secolo.

Ad esempio, ricordate l’inizio di “2001 Odissea nello Spazio”?



Il brano che apre il film è celeberrimo, e si intitola “Così parlò Zaratustra”.

Anche se funziona benissimo come brano pop, è una sinfonia composta da Richard Strauss nel 1896, ispirata al libro omonimo scritto dal filosofo Friedrich Nietzche una decina di anni prima.


E poi, sicuramente, conoscete lui:

Il più famoso zoroastriano dell'era moderna

Che c’entra Freddy Mercury?


Beh, è sicuramente il più famoso dei seguaci di Zaratustra.


Perché Zaratustra fu il fondatore, circa 4000 anni fa, di una delle più antiche religioni del mondo, lo zoroastrismo: che ancora sopravvive sparsa nel mondo, principalmente in India ed in Iran, seppure con un numero di seguaci talmente piccolo da non poter immaginare che, un tempo, questa fu la religione dell’intera Persia antica.

Ah, e poi, sempre in tema, ci sarebbero “Le cronache di Narnia”.

Ma andiamo con ordine e iniziamo dalle basi.


ZARATUSTRA: CHI ERA COSTUI?

Zaratustra era un profeta. Ci sono prove della sua esistenza che lo collocano tra il secondo millennio avanti Cristo ed il VII-VI secolo avanti Cristo.


Zoroastro dipinto da Raffaello, particolare della Scuola di Atene. Qui il profeta iranico viene rappresentato mentre tiene in mano un globo celeste in quanto ritenuto fondatore dell'astronomia, e autore degli Oracoli caldaici. Tale attribuzione fu procurata dal fatto che nel Rinascimento.a torto, Zoroastro era ritenuto l'autore dei suddetti Oracoli nonché fondatore delle dottrine e delle pratiche magiche e teurgiche lì presentate. (foto e testo: Wikipedia).

Quando fondò lo zoroastrismo, si basò su un libro sacro, l’Avesta: una raccolta di testi scritti in antico linguaggio iranico in epoche molto diverse, che contiene anche i “Canti”, nei quali Zaratustra si propone come profeta di un essere creatore supremo.

Il creatore supremo è Ahuza Madza (detto anche Ohrmudz, secondo altri testi). Il creatore ha due figli gemelli; uno portatore del bene Spenta Mainyu, e uno malvagio, Angra Mainyu (o Ahriman). In questo mondo ci sono altre divinità subordinate tra le quali la dea madre Anahita e il dio solare Mithra.

In sostanza, si tratta di una religione monoteista con una concezione dualistica e che recepisce anche elementi politeistici.


LA LOTTA TRA IL BENE ED IL MALE

Per Zarathustra, a cui Nietzche attribuisce l’invenzione della morale, la vita è lotta continua tra il bene (rappresentato da Ahura Mazda) e il male (Angra Mainyu).

Il primo ha inventato gli animali buoni, la luce, la vita, la fertilità, la gioia, a cui il secondo ha contrapposto gli animali nocivi, il buio, la malattia, il deserto, il tormento.

Gli zoroastriani, pur credendo nella vittoria finale del bene sul male, devono combattere attivamente tutti i giorni per questo risultato.

Tra gli animali buoni sono considerati cavallo, bue e cane; tra gli alleati di Angra Mainyu, serpente, ragno, gatto, mosca, formica.

Il re persiano Supur (Sapore) accusò i cristiani di attribuire ad un Dio buono la creazione dei serpenti e degli animali striscianti. Lo Shaname (il romanzo epico persiano scritto da Ferdowsi) si apre con una schiera di fate e animali che hanno scelto il bene e si preparano a combattere contro Angra Mainyu (come nelle Cronache di Narnia: l’autore, Clive Staples Lewis, meglio conosciuto come C. S. Lewis, era un ammiratore dello zoroastrismo).

L’uomo, per gli zoroastriani, possiede il libero arbitrio, e può scegliere di schierarsi su uno dei due fronti, come d’altronde ha fatto Angra Mainyu per libera scelta. A lui si attribuisce infatti la creazione del pavone, che serviva a dimostrare la sua capacità di fare anche cose belle, se avesse voluto.

La lotta contro il male è spirituale ma anche fisica, reale: ancora negli anni Sessanta, gli zoroastriani iraniani dedicavano un giorno all’anno all’uccisione degli animali nocivi (khrafstra), in particolare delle formiche.

Zarathustra insegnò che chiunque combatte per il bene avrà diritto, dopo la morte, all’accesso alla Casa del Canto (o Dimora della Luce), il cui ingresso è presidiato da due cani, mentre chi avrà lottato dalla parte del male sarà punito con tenebre e tormenti. Queste nozioni condizioneranno successivamente i concetti di Paradiso ed Inferno.

Nelle più antiche scritture ebraiche, i primi cinque libri della Torah, non è presente il concetto di Satana: il male è rappresentato dal serpente dell’Eden. Satana appare nel “libro di Giobbe”, posteriormente all’occupazione delle terre dove vivono gli ebrei sotto i babilonesi, quando Ciro le occupa nel 539 aC; e Satana somiglia molto ad Angra Mainyu.

Nel “Libro di Daniele” (II secolo ac) appaiono i concetti di Paradiso e Inferno.

Secoli dopo, la descrizione di Satana fatta da Gesù ricorda Angra Mainyu quando dice che un Dio buono semina grano, mentre un Dio cattivo semina zizzania in mezzo al grano.

Allo stesso modo, dopo che le culture greca e persiana si furono incontrate, Platone suggerì che le anime andavano verso ricompense e punizioni dopo la morte, a seconda di come si erano comportate in vita.

Nietzche, riflettendo su questa evoluzione, sostenne: “Zarathustra ha creato questo errore fatale: la morale”. E scrisse un libro in cui immaginava che Zarathustra tornasse e abolisse la legge morale.


Il celebre testo di Nietzche

Richard Strauss ne rimase così colpito che diede il nome del profeta ad una celebre sinfonia: in questo modo, il nome di Zarathustra ancora oggi resta vivo in tutte le sale da concerto del mondo.



Lo stesso brano, come abbiamo anticipato, acquisì una fama pop dopo essere stato inserito come brano di apertura nella colonna sonora di “2001 Odissea nello Spazio” di Stanley Kubrick (vedi all'inizio dell'articolo).


L’Avesta profetizza anche l’avvento di un messia: Saoshyant, il redentore che guiderà le armate del bene nella battaglia finale, a cui seguiranno la fine del mondo e la resurrezione dei morti. E’ un concetto che si ritrova anche nell’islam e nel cristianesimo.


MAGI E MAGIA

I seguaci di Zarathustra vennero chiamati zoroastriani in occidente e “majus” dagli arabi, dal nome dei loro sacerdoti, i magi.

Il termine “magia” deriva dai magi; la distinzione tra magia bianca e magia nera riflette la differenza tra il bene ed il male; gli animali che accompagnano un praticante di magia nera (rospi, serpenti, gatti) sono ovviamente schierati con Angra Mainyu.

In India gli zoroastriani sono oggi noti come parsi, nome che ricevettero quando giunsero come rifugiati dalla Persia dopo la conquista islamica. (E questo ha molto a che fare con Freddy Mercury: ma abbiate pazienza: approfondiamo dopo😊)

I primi cristiani consideravano zoarastriani i tre magi che fecero visita a Gesù bambino.

E in effetti, se leggete qui la bella storia che racconta Antonello Sacchetti, imparate come i magi fossero sovrani persiani, e quindi implicitamente zoroastriani.

Si narra che i persiani, dopo la conquista di Betlemme nel 614 d.C, risparmiarono la Chiesa della Natività dalla distruzione, solo perché recava ancora l’insegna dei tre magi.


LA GRANDEZZA DELLO ZOROASTRISMO: ESTESO COME L’IMPERO PERSIANO

Lo zoroastrismo vide il suo periodo di massima diffusione nell’impero persiano achemenide (600-330 a.C), in particolare dopo la conversione di Achmenide Vishtaspa e di Ciro il Grande.

Questa, tanto per darvi un’idea, è la massima estensione raggiunta dall’impero achemenide:



Seguì un periodo di declino sotto Alessandro Magno nel corso del quale andò perduto persino il testo sacro, l’Avesta. Rifiorì secoli dopo sotto la dinastia persiana dei Sassanidi (221-651 d.C.)

A Persepoli, molte sono ancora le vestigia zoroastriane di quel tempo. Edificata nel VI secolo aC, Alessandro la distrusse nel 330 aC, e gli Zoroastriani lo chiamano ancora “Alessandro il Maledetto”.

Sui resti si scorgono ovunque i simboli dello zoroastrismo, in particolare l’uomo-uccello, il faravahar; eccolo qui, e appena sotto lo vediamo sopra le immagini di Dario e Serse, in quel che resta del fastoso palazzo delle 100 colonne, fatto costruire da Ciro il Grande:


Il simbolo del Faravahar sul Tempio del Fuoco di Yazd

Il Faravahar sul palazzo delle Cento Colonne a Persepoli.

Un’iscrizione voluta da Serse in cima ad una scalinata proclama inoltre: “Tutto ciò che abbiamo costruito di bello , lo abbiamo costruito per grazia di Ahura Mazda”.

Secondo la tradizione zoroastriana, la storia umana è ciclica, e gli eventi di un’era si ripetono in qualche modo nella successiva.

Il confine occidentale della Persia, quello con l’attuale Iraq, fu valicato da Ciro e da Serse verso Ovest, prima per conquistare Babilonia e Anatolia, poi per conquistare la Grecia.

Fu valicato in senso inverso solo da Alessandro, nel 331 a.C., e dal califfo Omar nel 642 d.C. per assoggettare la Persia.

Non ce la fecero né i romani in settecento anni, né i turchi in trecento, né tantomeno Saddam Hussein quando aggredì l’Iran nel 1980, supponendo che fosse indebolito dopo la Rivoluzione del 1979 e fosse facile impadronirsi dei giacimenti petroliferi.


CANI E GATTI

Prima di procedere con il racconto storico, una curiosità.

Per gli zoroastriani, amare i cani era obbligatorio. Ai cani che morivano era riservato lo stesso trattamento funebre (e le stesse vesti) degli uomini.

Un uomo che uccide un cane, secondo il testo sacro Avesta, deve compiere una lista di penitenze lunga 18 righe, tra cui l’uccisione di diecimila gatti.

La diversa considerazione di cani e gatti è sempre stata motivo di conflitto con i musulmani (che ritengono impuri i cani).


IL TRONO DI SALOMONE E IL CULTO DEL FUOCO

Il cosiddetto “Trono di Salomone” (Tahkt-e Soleyman), nel nord dell’Iran, nei pressi del vulcano spento detto “Prigione di Salomone”, era uno dei più grandi santuari zoroastriani.


Il tempio di Tahkt-e Soleyman

Nel Tempio di Salomone era custodito il Gushnasp, uno dei tre fuochi più sacri della Persia.

Era il fuoco dei guerrieri e, secondo la tradizione, era antico come il mondo. Tutti i re persiani venivano a venerarlo prima di una impresa bellica importante.

Nel 627 giunse l’ultimo, Khosrow. I bizantini stavano avanzando, usando tribù arabe locali come avanguardia. Piuttosto che lasciar cadere il fuoco nelle mani di arabi e cristiani, che lo disprezzavano, Khosrow lo portò via con sé.

L’impero cadde quindi anni dopo sotto la spinta del califfo Omar, e l’imperatore scappò ad est, verso l’India con il fuoco (che non fu più riacceso) e la sua religione.


L'INVASIONE ISLAMICA E LA FUGA IN INDIA: I PARSI

Già nel 631 dopo Cristo gli Arabi avevano tentato di invadere l’Impero Sassanide, distruggendo diversi templi zoroastriani.

Dal 642 dopo Cristo, il Califfo Omar scagliò l’attacco definitivo alla Persia e l’Impero, nel giro di 9 anni, collassò – e con esso la religione zoroastriana.

L’Islam prese dunque il sopravvento. Il Corano indica una formale tolleranza verso tutte le “genti del libro” con una religione monoteista: cristiani, ebrei, e zoroastriani.

Ma in realtà, non essere islamici non era così semplice. La popolazione fu costretta a convertirsi all’Islam, donne e bambini furono venduti come schiavi sessuali, i luoghi religiosi e gli idoli furono distrutti. Furono tre secoli durissimi, per le popolazioni iraniche.

Per evitare le persecuzioni, un piccolo gruppo di Zoroastriani lasciò il Khorasan e fuggì in India. Agli inizi si stabilirono nell’isola di Dui, vicino alla costa di Gujarat.

Nel 940 l’esercito Islamico raggiunse il confine dell’attuale Afghanistan, distruggendo anche qui i templi. I Persiani della zona, impauriti, decisero di recarsi ad est, nelle terre governate dai sovrani Indu: sapevano che lì sarebbero stati liberi di praticare liberamente la propria religione senza persecuzioni. Gli Indu, seguendo la legge di Dharma, non avrebbero attaccato civili innocenti.

Gli indiani chiamavano Parsi i Persiani, quindi questo nome identificò da allora gli zoroastriani giunti in India.

In quel tempo che le cronache Parsi definirono “Qissa-i-Sanjan” (#Qissa), la comunità di fuggitivi si presentò al sovrano di Gujarat, Jadi Rana. Su sua richiesta, raccontarono in Sanscrito l’essenza della loro religione, ed il Sovrano si stupì dei molti punti di contatto tra la religione Zoroastriana e la cultura Vedica.

Jadi Rana pose tre condizioni agli zoroastriani per rimanere sui suoi domini: disarmarsi; imparare il linguaggio locale e tenere le cerimonie nuziali solo di sera (ci sarà di certo una ragione logica e importantissima per questa condizione, ma non la conosciamo😊).

Le condizioni furono accettate dai Parsi: Jadi Rana diede loro delle terre per stabilirsi, che più tardi sarebbero state conosciute come Sanian, la città del Khorasan di cui cui erano originari. Costruirono un tempio del fuoco, accettando il fatto che non sarebbero più tornati in Iran.

Il Sanian, nei secoli successivi, crebbe e si sviluppò come centro dei commerci: i Parsi si integrarono nella cultura indiana.

Nel 1460, un avamposto dell’esercito ottomano tentò di attaccare il Gujarat. Gli indiani sospesero il bando dell’uso delle armi per i Parsi, e insieme difesero il territorio respingendo l’attacco.

Gli ottomani ci riprovarono sei anni dopo, di nuovo senza successo, ma i Parsi decisero di nuovo di andarsene dal Sanian e portarono il fuoco sacro ancora più a Est, a Navsari. Più tardi i Parsi si dispersero nel resto dell’India,

Oggi i Parsi in India sono circa 60-70.000. Sono considerati una casta di fatto, di livello elevato (per l’alto livello di istruzione e di integrazione, con ruoli rilevanti nella società indiana).


ADESSO POSSIAMO PARLARE DI FREDDY MERCURY 😊…

Scusate, ma prima era obbligatorio introdurre il tema dei Parsi.

Proprio perché il leader dei Queen nasce a Zanzibar, nel 1946, da una famiglia Parsi e zoroastriana originaria del Gujarat (il padre dovette spostarsi a Zanzibar per lavoro).

Il nome originale di Freddy è Farrokh Bulsara. Farrokh è un nome tradizionale persiano che significa “fortunato e felice”.

Secondo sua sorella, la fede zoroastriana fu fondamentale per fargli seguire i suoi sogni.

A chi lo accusava di aver dimenticato le sue origini, Freddy rispose con la frase "Camminerò sempre come un popinjay persiano e nessuno mi fermerà, tesoro!". (Popinjay è una persona stravagante).

La madre affermò che, pur non essendo religioso, Freddy era orgoglioso di essere zoroastriano.

Il suo funerale, in forma privata, fu officiato da due sacerdoti zoroastriani, e la sua salma fu cremata come indicano le moderne tradizioni zoroastriane.


LO Shāh-Nāmeh E la RiNASCITA DELLA IDENTITA’ PERSIANA.

Ma torniamo a vedere cosa accadde in Persia dopo l’invasione islamica. Nel nono e decimo secolo, il potere dei califfi si attenuò su alcune aree del nuovo impero. Una dinastia locale, quella samanide, patrocinò a Ferdowsi la composizione di un poema epico nazionale, lo Shāh-Nāmeh (il Libro dei Re).

L’opera, basata su un testo omonimo precedente ma completamente rivista in modo organico, costò a Ferdowsi ben 35 anni di lavoro: racconta la storia della Persia dal 5000 aC all’avvento dell’Islam.

Ferdowsi era musulmano, ma il poema – la storia del popolo persiano – è scritto in persiano, non in arabo, e si apre con una schiera di fate e animali che hanno scelto il bene e si preparano a combattere contro Angra Mainyu.

Purtroppo, nel corso della sua vita, crollò anche la dinastia samanide, e Ferdowsi presentò quindi la sua opera al nuovo sultano, che ovviamente non ne fu entusiasta. Non lo pagò il dovuto e lasciò l’opera in ombra, e Ferdowsi morì a 90 anni, povero e amareggiato.

Lo Shāh-Nāmehè è l’opera che fa rinascere il senso della nazione persiana, la sua lingua e la sua antica religione, lo zoroastrismo, umiliate dall’avvento dell’Islam. Non è un caso che sia considerato ancora oggi, dagli iraniani e in particolare dagli zoroastriani ancora esistenti nel paese, uno dei testi fondamentali della loro cultura (l’altro testo è di Hafez…)

e dello zoroastrismo restarono le tradizioni, come il capodanno Nowruz che si festeggia ancora oggi (il 21 marzo in iran, il 17 agosto tra i Parsi).


HAFEZ, I MAGI E IL VINO

Hafez (vissuto nel XIII secolo) è uno dei più noti poeti nazionali persiani.

La poesia di Hafez è attraversata da innumerevoli riferimenti al vino.

Le taverne dei tempi di Hafez (che esistevano, nonostante l’Islam proibisca l’alcol) erano gestite da magi, quindi da zoroastriani: “il mio problema iersera illustrai al priore dei magi/ a lui che per forza di sguardo l’enigma sciogliesse / lo trovai allego e ridente, una coppa di vino tra le mani”.

Bere vino, secondo gli zoroastriani, serve a comunicare con Dio. Nelle preghiere rituali zoroastriane il vino è uno dei sette frutti della creazione che vengono collocati davanti al sacerdote (chiamato mago).

Secondo la tradizione, Zarathustra fece cadere in trance il re santo Vishtaspa proprio facendogli bere del vino, cosa che gli consentì di ascendere in paradiso e contemplare la gloria di Ahira Mazda.

Erodoto racconta che i persiani, ai suoi tempi, prendevano una decisione solo dopo avervi riflettuto per due volte: una volta da sobri ed una da ubriachi.

Gli zoroastriani bevono vino (ovviamente non in pubblico, nei paesi islamici) e lo usano nei riti per il nuovo anno (il Nowruz).


DAL MEDIOEVO Ai TEMPI MODERNI

I zoroastriani in Iran, nel Medioevo, furono perseguitati, maltrattati e ancora spesso costretti a conversioni forzate.

Nell’800 dovettero, come tutti i non musulmani, pagare una tassa speciale, la jizia. Grazie alla comunità Parsi, che fondò scuole per aiutare i confratelli e intervenne sul governo iraniano, la tassa fu abolita nel 1882.

La situazione in Iran lentamente migliorò, al punto che nel primo Parlamento, istituito nel 1906, entrò anche uno zoroastriano. Per settant’anni, sotto la dinastia Palhavi la comunità prosperò, ed uno dei suoi membri diventò persino vice primo ministro. Ma ben pochi dei suoi aderenti, ormai, intraprendevano la strada del sacerdozio (che richiedeva di imparare la lingua avestica, che richiedeva diversi anni di studio). Negli anni trenta a Yazd c’erano ancora 200 sacerdoti, ma nel 1964 ne erano rimasti meno di dieci.

All’inizio del Ventesimo secolo, in Iran, la comunità Zorostriana era già ridotta. Spesso i ragazzini musulmani assalivano i credenti lanciando pietre e gridandogli “gabr”, il termine dispregiativo con cui si indicavano gli zoroastriani.

Oggi, anche a Yazd, è difficile trovare tracce degli zoroastriani. Pur essendo tollerati per il monoteismo e la presenza di un libro sacro (l’Avesta), sono visti con sospetto in quanto “adoratori del fuoco”. Il loro numero a Yazd non supera i 10.000, ma non esistono dati precisi.

(Altre stime dicono che si tratti di 10.000 seguaci in tutto l’Iran, ormai, con la maggioranza nella provincia meridionale di Kerman, dove si parla il Dari, una versione particolare del farsi).

Dello zoroastrismo restano vive alcune tradizioni fortemente radicate nella cultura nazionale persiana, come il capodanno Nowruz che si festeggia ancora oggi (il 21 marzo in iran, il 17 agosto tra i Parsi).


I RITI FUNERARI

Attorno a Yazd ci sono le Torri del silenzio (dakhma), dove fino ancora a qualche decennio fa si svolgevano i riti funebri zoroastriani: il corpo del defunto veniva esposto all’aperto per essere dilaniato da uccelli e cani.

Oggi questi riti sono ancora in parte praticati dai Parsi. Gli zoroastriani ormai seppelliscono i propri morti nella pietra e nel cemento, purificandosi in seguito con un lavaggio con urina di toro, che alla fine andrebbe bevuta (ma i più schizzinosi la hanno sostituita con succo di melograno). Si sta diffondendo anche la cremazione (come ha fatto Freddy Mercury).

La morte di una persona buona è una vittoria di Angra Mainyu, e attira la sua demone, la “nasu”: quindi la dakhma ed i cimiteri sono luoghi impuri per definizione, e a differenza dei musulmani nessuno penserebbe di passarci un giorno di festa.

Come detto, anche i musulmani usano festeggiare la festa zoroastriana del Nowruz, quando il giorno diventa più lungo della notte. Entrambi usano sette elementi della creazione che corrispondono a sette virtù e sette pianeti. Gli zoroastriani usano vino, latte, acqua, spesso uno specchio e delle monete; i musulmani aglio, un budino, aceto, mele, grano, spezie.

Anche la festività rituale che anticipa Nowruz, Chaharshanbeh-ye Suri, che prevede il salto rituale del fuoco, è osservata dai musulmani.

I tentativi dell’Ayatollah Khamenei, nel 2010, per bandire le due ricorrenze “prive di alcun fondamento islamico”, sono state bellamente ignorate da tutti gli iraniani.


GLI ZOROASTRIANI NEL MONDO, OGGI.

Parsi e zorostriani, già da fine Ottocento, hanno messo radici in Inghilterra. Dopo la Rivoluzione Islamica, tra il 1980 e il 2001, gli zoroastriani in Inghilterra sono passati da duemila a quattromila (includendo parsi e iraniani). Nel 2004 se ne stimavano diecimila negli Stati Uniti e 5000 in Canada.

In Iran il numero è incerto: potrebbero essere tra i 10 ed 30.000, ma molti Bahai si dichiarano zoroastriani per sfuggire alla persecuzione.

Negli ultimi anni, si segnala una rinascita dello zoroastrismo nel Kurdistan Iracheno, con un numero di conversioni significativo (dovuto forse al disagio per quel che la concezione jihadista dell’Islam ha prodotto nell’area).

Per quanto riguarda i Parsi, in India le stime li collocano tra i 65.000 ed i 90.000.

Esiste ancora una concezione rigorosa della religione, che impone di pregare tre volte al giorno (ma per molti ci si limita ad una) e non considera possibili i matrimoni fuori dalla comunità, ma i giovani zoroastriani (soprattutto della diaspora) seguono una interpretazione più liberale.

Essere zoroastriano in Iran, nel XXI secolo, non è facile. Le autorità impediscono persino l’esibizione dei simboli come il faravhar, che viene interpretata come proselitisimo.

L’articolo 13 della Costituzione della Repubblica Islamica recita:

“Zoroastriani, Ebrei, e Cristiani iraniani sono le uniche minoranze religiose riconosciute che, nei limiti della legge, sono libere di eseguire i propri riti e le proprie cerimonie religiose, e di agire in accordo con le proprie regole in materia di affari personali ed educazione religiosa”.

In realtà, negli ultimi 40 anni, tutte le minoranze sono state vittime di discriminazione.

Chi è zoroastriano è “invitato” a non farlo sapere, pena il rischio di essere espulsi anche dalle università.

Gli zoroastriani che si convertono all’Islam ricevono l’intera eredità della famiglia, sottraendola a fratelli e sorelle non convertiti.

Per gli zoroastriani, inoltre, non è più possibile invitare ai propri riti credenti di altre religioni, come avveniva in passato.

Significativa delle pressioni sulla comunità è la storia di Sepanta Niknam. Fu l’unico zoroastriano ad essere eletto nel Consiglio Comunale di Yazd nel 2014. Nel 2017 fu rieletto con oltre 22.000 preferenze, che quindi gli vennero da elettori anche non zoroastriani. Ma il suo avversario sconfitto fece ricorso ad una autorità giudiziaria, per contestare l’elezione di uno zoroastriano in una città a maggioranza musulmana. Il 4 settembre 2017 la Corte sospese temporaneamente Sepanta Niknam dal Consiglio, citando una direttiva del Consiglio dei Guardiani, che sosteneva la non eleggibilità dei non musulmani nei consigli comunali di città e villaggi a maggioranza musulmana.

La decisione fece molto clamore nel paese. Nel luglio 2018, una autorità superiore decise il reinsediamento di Niknam nel consiglio.

Un’altra delle ragioni per cui gli zoroastriani si stanno riducendo sempre più di numero in Iran, è l’impossibilità di nominare nuovi seguaci, anche tra i figli.

Per diventare zoroastriano, è necessario partecipare ad una particolare cerimonia detta “Sedreh Pushi”, simile al battesimo dei cristiani. Le persone che prendono parte a queste cerimonie devono indossare una camicia bianca senza colletto e senza maniche e impegnarsi a sostenere "Buoni pensieri, buone parole, buone azioni", i principi di base della fede zoroastriana. Ma in Iran, ormai, gli zoroastriani non tengono più queste cerimonie per i convertiti, perché li esporrebbero alla persecuzione da parte del governo (in linea teorica, per chi si converte dall’Islam ad una altra religione è prevista la pena di morte).

Sedreh Pushi è un rito che non serve solo per le conversioni.

La religione zoroastriana non passa automaticamentedai genitori ai figli. I bambini, se desiderano essere zoroastriani, devono prendere parte a queste cerimonie quando raggiungono i 15 anni.

Ma i templi zoroastriani in Iran sono sempre sotto sorveglianza da parte delle autorità, proprio per impedire lo svolgimento di cerimonie di Sedreh Pushi.


I Principi dello zoroastrismo moderno (dalla voce “Zoroastrismo” di Wikipedia Italia).

Alcuni fra i concetti maggiori zoroastriani:

1. La filosofia zoroastriana è riassunta da uno dei principali motti della religione: "Buoni pensieri, buone parole, buone opere".

2. Parità sessuale. Uomini e donne hanno uguali diritti all'interno della società.

3. Attenzione per l'ambiente. La natura svolge un ruolo centrale nella pratica dello zoroastrismo. Le più importanti feste annuali zoroastriane riguardano celebrazioni della natura: il nuovo anno nel primo giorno di primavera, la festa dell'acqua in estate, la festa d'autunno alla fine della stagione, la festa del fuoco in mezzo all'inverno.

4. Lavoro e carità. Pigrizia e lentezza sono malviste. La carità è vista come opera buona.

5. Condanna dell'oppressione tra esseri umani, della crudeltà verso gli animali e del sacrificio degli animali. Punti nodali della religione sono l'eguaglianza di tutti gli esseri senza distinzione di razza o credo religioso e rispetto totale verso ogni cosa.

6. Liturgia. Nello zoroastrismo l'energia del creatore è rappresentata dal fuoco. I devoti del culto solitamente pregano alla presenza di qualche forma di fuoco (o davanti a fonti di luce). Il fuoco comunque non è oggetto di venerazione, ma è utilizzato semplicemente come simbolo e punto centrale del culto zoroastriano. Anticamente la funzione principale del culto era lo 'Yasna', il sacrificio dell'haoma, pozione a base di erba, bevuta come liquido sacrificale mentre veniva compiuta una serie complessa di rituali. Tale pratica fu osteggiata da Zarathustra. I seguaci dello zoroastrismo pregano cinque volte al giorno.


Altri concetti:

1. Matrimonio interreligioso e proselitismo. Gli zoroastriani non hanno attività missionaria e i Parsi conservatori non accettano le conversioni, mentre i Parsi "liberali" e molti zoroastriani della diaspora europea e americana le ammettono. In India, i Parsi hanno l'abitudine di sposarsi tra consanguinei, come avveniva in Persia, dove era consentita l'endogamia con madri, sorelle e figlie (per esempio Cambise e Rossane, figli entrambi di Ciro). In Iran, a causa della discriminazione tuttora esistente, il matrimonio tra devoti di religioni diverse non è ufficialmente incoraggiato dalle autorità.

2. Morte e sepoltura. I rituali religiosi connessi con la morte sono concentrati sull'anima della persona e non sul corpo, considerato impuro. Alla morte, l'anima lascia il corpo dopo tre giorni. Nei tempi antichi il cadavere veniva esposto in luoghi aperti e sopraelevati, chiamati torri del Silenzio, dove gli avvoltoi l'avrebbero mangiato. Anche gli imperatori persiani quali Dario, Ciro, Serse e Artaserse, in quanto zoroastriani, sono stati spolpati dagli avvoltoi prima di essere sepolti nei rispettivi sepolcri a Persepoli e a Naqs-i-Rustam. La tradizione dell'esposizione dei cadaveri è attualmente seguita solamente dai Parsi. Gli zoroastriani dell'Iran ricorrono alla cremazione elettrica o all'inumazione (in tal caso la bara è posta nel cemento per proteggere la purezza della terra).


Fonti:

La fonte principale di questo articolo è il capitolo dedicato allo zoroastrismo sul bellissimo libro di Gerald Russel "Regni dimenticati", Adelphi, 2016. Per integrare il racconto, sono stati consultati i seguenti testi in rete:


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