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I fratelli Omidvar, gli "Indiana Jones" della Persia

Aggiornamento: 4 mag 2020


Non tutti lo sanno, ma tra i più grandi viaggiatori del XX secolo si collocano senza dubbio due iraniani, i fratelli Omidvar.

Issa ed Abdollah Omidvar partirono dal loro paese nel 1954 (quando avevano rispettivamente 23 e 21 anni) per un giro del mondo che durò 10 anni, filmando la loro avventura in uno storico documentario; furono probabilmente i primi al mondo a creare un documentario di viaggio (alcuni frammenti del quale sono visibili nel video che troverete in fondo al post).

I due fratelli vivevano nei sobborghi di Teheran, e grazie ai racconti del padre avevano sviluppato un forte gusto per il viaggio e l'esplorazione. Erano entrambi iscritti ad un club alpinistico di Teheran, con il quale ad esempio scalarono il monte Damavand, il vulcano di oltre 5000 metri visibile dalla città. Un giorno, al club, Issa incontrò Lionel Brans, un francese che stava compiendo un viaggio in bicicletta da Parigi a Saigon. Stimolato dalla sua impresa, Issa decise di fare un viaggio in moto verso occidente: varcò il confine dell'Iran viaggiando per quattro mesi attraverso Turchia, Siria ed Iraq. Fu un viaggio durissimo su strade pericolose, ma sedusse completamente Issa. Nel frattempo, il fratello Abdollah stava esplorando l'Iran meridionale. Quando si reincontrarono, presero la decisione: avrebbero esplorato il mondo in motocicletta! Il loro obiettivo sarebbe stato quello di visitare le popolazioni più remote per scoprire la loro cultura e filmarla.


Furono presto pronti per il viaggio: due motociclette inglesi di marca Matchless, una videocamera e 180 dollari in tasca erano sufficienti, aggiunti allo spirito di avventura, per partire! Il primo viaggio di 7 anni Prima i fratelli Omidvar puntarono ad est.  Attraversarono Afghanistan, Pakistan, India, Tibet, Birmania, Malesia, Singapore, Indonesia, Filippine, Vietnam, Cambogia, Thailandia, Hong-Kong, Giappone, Nuova Zelanda ed Australia. Poi, attraversarono il Pacifico per giungere in Nord America. Iniziarono il loro viaggio attraverso le Americhe partendo dall'Alaska e dal Circolo Artico nel 1958 per esaminare la vita degli Eschimesi in condizioni estreme. Con loro, gli Omidvar impararono a viaggiare con le slitte trainate dai cani e a costruire gli igloo. Con le motociclette puntarono poi al Sud America: attraversarono Messico, Guatemala, El Salvador, Costa Rica, Panama, Colombia, Ecuador, Perù, Bolivia, Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay e Brasile.  Nel 1964 decisero di tornare brevemente a Teheran attraversando Gran Bretagna, Francia, Germania, Austria, Svizzera, Italia, Jugoslavia, Grecia e Turchia. Rimasero a casa solo tre mesi, con il dolore di aver perso la madre a soli tre giorni dal loro ritorno a Teheran.

Il secondo viaggio attraverso l'Africa In Iran, i due fratelli ebbero l'opportunità di comprare una Citroen 2CV che diede loro l'idea per nuovi viaggi. Partirono dunque di nuovo per esplorare questa volta il continente africano. Prima, attraversarono il Kuwait e l'Arabia Saudita. Dopo aver attraversato il Mar Rosso, iniziarono ad esplorare il Sudan. Nei successivi tre anni visitarono Uganda, Kenya, Zanzibar, Congo, Zimbabwe, Sud Africa, Angola, Ciad, Cameron, Nigeria, Ghana, Costa d'Avorio, Guinea, Algeria, Mauritania, con destinazione finale il Marocco.



Abdollah in Antartide Dopo tre anni di viaggi in Africa, e 10 in tutto il mondo, i fratelli Omidvar smisero di viaggiare insieme. Abdollah decise di stabilirsi in Cile, dove fondò una compagnia cinematografica e un cinema, e Issa tornò in Iran. Nel 1965, i due fratelli si ritrovarono in Cile per incontrarsi con la Marina e trattare la loro partecipazione ad un comitato scientifico per l'esplorazione, in 90 giorni, dell'Antartide. Abdollah si unì alla spedizione e fu il primo asiatico a esplorare il continente bianco con una rompighiaccio polare, la Pardo.

Un inestimabile lavoro antropologico  I fratelli Omidvar sono venuti in contatto con alcune delle tribù più primitive del mondo, ed hanno condotto ricerche e studi sul loro stile di vita, trascorrendo spesso diversi mesi vivendo con esse ed imparando a conoscere la loro cultura e tradizione. Da qui gli interessanti documentari antropologici raccolti, dagli eschimesi ai polinesiani. Ciò che è interessante nel lavoro dei Fratelli Omidvar è che era lontano dalla visione del mondo che la gente aveva in quel periodo.  Molto spesso i luoghi remoti come quelli che visitavano in Africa, Asia e America, venivano visti attraverso l'obiettivo dei paesi ex coloniali europei e dei media americani. Al contrario, i Fratelli Omidvar volevano mostrare un mondo di differenze culturali, di tradizione originale e natura selvaggia. 

Durante le loro esplorazioni, i fratelli si sono persi, sono stati picchiati, arrestati e ovviamente aiutati. Ovunque andassero, cercavano umilmente di stabilire una comprensione e un rispetto reciproci. Questo era lo spirito del loro viaggio, come scritto sulla loro motociclette in persiano e in inglese:

Tutti diversi, tutti fratelli.


Il secondo slogan era:

Il mondo senza confini geografici.




I fratelli Omidvar divennero negli anni Sessanta del secolo scorso una sorta di ambasciatori informali dell'Iran, incontrando numerosi presidenti, re, figure autorevoli ed autorità locali. Vennero invitati in giro per il mondo a raccontare la loro esperienza e nel frattempo a far conoscere il loro paese. Infatti, pur essendo così curiosi del mondo, i Fratelli Omidvar portavano sempre con sé la loro identità iraniana. Quando esploravano il mondo alla ricerca di culture remote e persone primitive, avevano un desiderio specifico di connettersi con le loro radici.  Sono andati sulle tracce degli antenati Shirazi a Zanzibar, alla ricerca degli zoroastriani in India, incontrando gli iraniani-armeni che vivono in Indonesia e la comunità afgana dell'Australia. La fondazione del museo Nel 2003, nel Palazzo Sa'd Abad a Teheran, è stato istituito il Museo dei Fratelli Omidvar.



Il museo, in diverse stanze, ospita una vasta collezione di registrazioni sul campo, film, fotografie, autografi e altre miscellanee etnografiche delle riviste e del diario di viaggio dei due fratelli. Alcuni di questi oggetti appartengono a culture e tribù che ora potrebbero essere completamente scomparse, ma i cui ricordi sono stati registrati dai Fratelli Omidvar.




Un tempo, la prima domenica del mese, Issa Omidvar, che ha 93 anni,  incontrava i visitatori del museo. Non sappiamo se questo accada ancora (noi l'abbiamo visitato nel 2018 in un giorno normale).


Issa Omidvar autografa il libro nel Museo


Il documentario girato dai fratelli Omidvar non è più disponibile in rete, purtroppo, cancellato da Youtube insieme agli account iraniani che lo proponevano.

Vi proponiamo però qui un video di 5 minuti, in inglese, tratto da una trasmissione della TV iraniana PressTV, del 2011, in cui si parla del Museo e in cui sono inseriti alcuni frammenti ed immagini tratti dal documentario, inclusa una breve intervista a Issa.


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