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Un reporter alla corte di Isfahan (Pietro della Valle racconta Abbas il Grande)


Pietro della Valle (1586-1652) fu un grande viaggiatore del suo tempo: in particolare esplorò a fondo la Persia, e a lui è dedicata la scuola italiana di Teheran – che costituisce oggi un importante trait d’union tra le due culture.



Partito nel 1614 per un pellegrinaggio nei luoghi santi di Egitto e Palestina, Pietro se la prese comoda.

Si fermò a lungo a Costantinopoli, poi ad Aleppo, ed imparò l’arabo, il turco ed il persiano.

Nel 1616 si unì ad una carovana in partenza per Bagdad, travestito da arabo.

La sua intenzione era quella di visitare la Persia, ed approdò infatti alla corte dei Safavidi, retta allora dal celebre Abbas il Grande (clicca qui per il post).

La segreta speranza di della Valle era creare un’alleanza tra la cristianità ed il sovrano musulmano in funzione anti Turco.

Prima i veneziani, dal XV secolo, poi i portoghesi avevano coltivato relazioni diplomatiche con il trono di Persia per arginare il crescente dominio ottomano, che aveva simbolicamente raggiunto il culmine con la conquista di Bisanzio.

La coalizione cristiana pose un argine all’espansionismo ottomano con la vittoria navale di Lepanto nel 1571, ma non convinse la Persia ad entrare in campo al suo fianco.

Durante il regno di Abbas (1587-1629) crebbero però i contatti tra la corte persiana e gli stati cristiani. Molti ordini religiosi avevano presenze in Persia, tollerati e anzi visti da Abbas come intermediari per la crescita dei rapporti commerciali con l’Occidente.

Nonostante la parziale convergenza di interessi, l’alleanza antiottomana tra cristiani e persiani (ormai sciiti) non si realizzò mai.

Anzi, i malintesi tra Abbas e la corona spagnola portarono anche il primo a sradicare i portoghesi da Hormuz, con l’aiuto degli inglesi, agli inizi del 1600.

I buoni rapporti di Abbas con la Chiesa di Roma agevolarono però l’ingresso e la permanenza a corte di Pietro della Valle, che in questo resoconto ci fornisce un ritratto vivacissimo del sovrano musulmano.

Fallito il sogno di creare l’alleanza con la Cristianità, Pietro della Valle tornò a Roma scornato e deluso nel 1626, senza trascurare di portare con sé preziosi manoscritti e manufatti che soddisfassero le sue ambizioni di antiquario.

Pietro redasse una intensa relazione, su quei lunghi anni a corte, composta da tre parti distinte: nella prima della Valle fornisce il ritratto di Abbas e delle sue qualità; nella seconda, riporta le critiche che si rivolgono al sovrano, e nella terza…smonta sistematicamente le critiche.

Questo fa sì che il suo lavoro, redatto nel 1627, risulti un’esaltazione quasi apologetica di Abbas I, e trovasse molte difficoltà nell’ottenere il visto per la pubblicazione dalle autorità vaticane.

Della Valle usò allora l’espediente di far pubblicare l’opera a Venezia, con una prefazione dello stampatore che sembra rivendicare la pubblicazione come una propria iniziativa autonoma.

Ma entriamo nel contenuto.

La prima parte, come detto, descrive la figura del sovrano, e si comprende subito quanto Della Valle ne sia stato affascinato – quasi sedotto.

Il re, scrive Pietro, è “cacciatore indefesso, corteggiano forbito, soldato esperto, capitano eccellente, cavalier bizarrissimo , prencipe sopramodo affabile, e re di grandissimo governo”. E chiarisce ognuna di queste definizioni con una grande quantità di esempi e di aneddoti.

Ad esempio, Abbas si fa sempre seguire da un servitore che porta in una tasca di velluto una gran quantità di lime, ferri, aghi, chiodi, ordigni e strumenti meccanici con cui il re si trastulla spesso sul trono, anche mentre riceve le relazioni dei suoi sottoposti e fa leggere e rispondere alle lettere che riceve: nel frattempo. cantori e musici lo intrattengono (a basso volume).

Come capo militare, contrappone alla potenza dell’esercito ottomano la velocità delle sue truppe, e intraprende i combattimenti in inverno, per avere un vantaggio strategico. Fa rigare dritto i suoi soldati, punendoli duramente se sgarrano (o se opprimono i civili in modo eccessivo).

Per riconquistare l’isola di Hormuz ai portoghesi, e non dare nell’occhio, fa giungere gli armamenti a pezzi sull’isola per rimontarli in loco: e attacca quando i portoghesi son deboli, hanno problemi in India e la corona di Spagna è impegnata su altri fronti europei.

Così come, prima di riprendere Bagdad, aspetta che gli Ottomani versino in una crisi di successione che li indebolisce.

Abbas è anche un guadente: gli piace partecipare alle feste locali, far l’amore e bere vino, anche se la sua religione non lo permetterebbe.

Il re è un giusto: per nobili motivi, è disposto a muovere guerre anche se non gli portano vantaggio economico, pur di riparare ad un torto.

Il modo in cui amministra la giustizia è sempre equilibrato, anche quando somministra pene bizzarre (come costringere un sottoposto a condurre il resto della sua vita con un solo mustacchio, costringendo a tagliarsi il secondo) o terribili, come l’uccisione pubblica a bastonate o il taglio della testa.

Verso la fine della sua vita, opterà per il tradizionale accecamento dei successori, figli e parenti, da cui teme congiure o minacce al trono.

Come governante, decide ogni cosa per conto suo: non si fida troppo dei suoi sottoposti ed ama raccogliere informazioni sul reale stato delle cose, anche gironzolando in incognito tra la gente in città e villaggi.

Conosce ogni luogo ed angolo del proprio impero, e le minoranze etniche e religiose che li abitano, e le loro tradizioni, che rispetta.

Però, però…

Nella seconda parte della sua relazione, Pietro della Valle è costretto in qualche modo a mitigare il suo entusiasmo per il sovrano, ed elenca tutte le accuse che vengo mosse ad Abbas dai suoi detrattori (soprattutto in Occidente).

Le accuse sono relative ad un appetito sessuale insaziabile, ad una sorta di dipendenza dal vino che lo renderebbe sempre ubriaco. E poi al fatto che sia crudele, verso i nemici e verso le minoranze religiose, che costringe a conversioni forzate di massa. Viene anche definito matto per molte sue bizzarrie.

Nella parte finale, come nell’arringa di un avvocato difensore, della Valle analizza e smonta metodicamente le accuse rivolte ad Abbas.

Di fatto, si deve considerare normale che un uomo aitante, bello, forte e coraggioso, divenuto re molto giovane con un potere assoluto, sia in preda ad un potente desiderio sessuale, tanto più che le donne dell’impero gli si offrono spesso volontariamente, con il beneplacito orgoglioso dei mariti.

Che poi cerchi di convertire più gente possibile alla sua setta…beh, dice Pietro, in fondo lo facciamo anche noi cristiani nei confronti degli Ebrei, è una cosa ragionevole. Non è colpa di Abbas se quando ha conquistato molti territori, se li è trovati pieni di cristiani ed ebrei:per ragioni di sicurezza nazionale, è ovvio che cerchi di riequilibrare la presenza musulmana, e l’unico modo son le conversioni di massa.

Per quanto riguarda il vino…beh, anche qui…chi è che da noi non alza un po’ il gomito? Vero, come re musulmano dovrebbe astenersi, ma con tutte le responsabilità che ha, è scusabile che abbia qualche svago.

Rispetto agli innumerevoli episodi che proverebbero la crudeltà intrinseca del sovrano, della Valle li esamina nel dettaglio e riesce a dimostrare che, in tutti i casi, Abbas è stato “tirato per i capelli” ad essere duro e rigoroso; e che qualunque sovrano del mondo, di fronte a situazioni che possa mettere in pericolo il suo regno o il suo potere, si comporterebbe nello stesso modo.

Sicchè, conclude della Valle tirando le somme, “il re Abbas è prencipe veramente dotato di molte buone condizioni, e che le cattive che i suoi malevoli in lui notano, o non sono affatto vere o, se pur son vere, sono in gran parte degne di scusa; e finalmente […] non si può non dire che sia un grande re ed un grande eroe; e che come quelli che l’hanno veduto e praticatto non possono far che non l’ammirino, così la fama che anche oggi in vita lo celebra non mancherà di celebrarlo ancora dopo morte, ed innalzarlo fra gli eroi più degni ne’ secoli a venire”.

Scusate se è poco!:-)



(Il post è interamente tratto dal libro "Pietro della Valle: “Abbas re di Persia” – Un patrizio romano alla corte dello Scià nel primo ‘600" A cura di Antonio Invernizzi - Silvio Zamorani editore, Torino, 2004. )

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